«Non tutto può essere sacrificato in nome dello slogan «scegliete voi il capo del governo! Anche le tribù della preistoria avevano un capo». Con queste parole la senatrice a vita Liliana Segre ha concluso il proprio intervento in Senato durante la discussione generale sul premierato, con un discorso estremamente critico sul ddl Casellati, in cui ha ravvisato «aspetti allarmanti» su cui - ha detto - «non posso e non voglio tacere». Parole che sono rimbalzate sui siti di informazione e sui social. E potrebbero avere un notevole peso in un futuro referendum. E che il centrodestra voglia correre verso questo responso delle urne lo ha confermato la premier Giorgia Meloni, che tuttavia ha sottolineato come esso non riguarderebbe lei bensì «il futuro». L’aula di Palazzo Madama è stata impegnata nella seconda giornata dedicata alla discussione generale che potrebbe concludersi già mercoledì, con la stragrande maggioranza degli interventi da parte di senatori d’opposizione. Questi hanno tutti confermato la contrarietà all’elezione diretta e soprattutto al meccanismo del Parlamento eletto «a trascinamento» del candidato premier, per di più senza garanzie di un ballottaggio. Ma è stato l’intervento della senatrice a vita, nominata dal presidente Sergio Mattarella, a caratterizzare la giornata per la nettezza degli argomenti contro il ddl: innanzitutto sul metodo seguito dalla maggioranza («una prova di forza») e in secondo luogo sul merito («una sperimentazione temeraria»). Secondo Segre «il testo voluto dal centrodestra, con l'elezione del Parlamento a trascinamento del candidato premier produce un’abnorme lesione della rappresentatività del parlamento, ove si pretenda di creare a qualunque costo una maggioranza al servizio del Presidente eletto, attraverso artifici maggioritari tali da stravolgere al di là di ogni ragionevolezza le libere scelte del corpo elettorale». Che pure la Corte costituzionale, ha ammonito Segre, ha bocciato due volte per il Porcellum e per l’Italicum. Inoltre, ha insistito Segre, la riforma produce «il drastico declassamento a danno del Presidente della Repubblica»; questi «non solo viene privato di alcune fondamentali prerogative, ma sarebbe fatalmente costretto a guardare dal basso in alto un Presidente del Consiglio forte di una diretta investitura popolare. E la preoccupazione aumenta per il fatto che anche la carica di Presidente della Repubblica può rientrare nel bottino che il partito o la coalizione che vince le elezioni politiche ottiene, in un colpo solo, grazie al premio di maggioranza». E con la maggioranza assoluta, il premier avrà anche il controllo delle nomine dei giudici della Corte costituzionale «e degli altri organi di garanzia». E poi la sferzata finale: Anche le tribù della preistoria avevano un capo, ma solo le democrazie costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di ricadere in quelle autocrazie contro le quali tutte le Costituzioni sono nate». Concetti analoghi li ha espressi l’altra senatrice a vita, la scienziata Elena Cattaneo, che ha sottolineato come per affrontare il problema dell’instabilità si dovrebbe piuttosto puntare a «restituire forza, dignità e autonomia a un Parlamento oggi indebolito». Quando terminerà la discussione generale in Aula interverrà in replica la ministra Maria Elisabetta Casellati, ma al momento non sembra che la maggioranza sia intenzionata a cambiare rotta. Meloni ha difeso il testo ("con la riforma cambierà tutto") e ha confermato che si è diretti al referendum. «Non mi preoccupo di quello che dicono i miei avversari», ha detto per poi sottolineare che il referendum «non riguarderà» lei bensì «il futuro».