Lo tsunami della destra che arriva da Francia, Austria e Germania non supera la diga innalzata a Bruxelles dalla maggioranza Ursula. Così, nonostante lo scossone della triade Rn, Afd e Fpo, l’emiciclo del Parlamento europeo si scopre non tanto diverso da ieri. Lo confermano i numeri e le prime dichiarazioni politiche. Partiamo dai numeri. Sono ancora proiezioni ma il quadro è ben delineato: su 720 seggi la maggioranza di Ursula ne ha dalla sua parte 409. Grazie soprattutto alla crescita del Partito popolare europeo (Ppe) - che passa dai 176 deputati attuali ai 191 attesi - e alla tenuta dei socialisti di S&d (da 139 a 135). Si leccano le ferite invece i liberali di Renew che perdono 19 seggi, passando da 102 a 83. Pagano il tracollo in Francia in primis ma anche in Germania. La leader del gruppo, Valerie Hayer, non si è presentata a commentare l’esito con i giornalisti. Dall’altra parte, l’exploit del Rassemblement national di Marine Le Pen e Jordan Bardella - che passa da 18 a 30 delegati - viene frenato dal crollo della Lega che - al contrario - passa da 22 a 7 eurodeputati. La somma è 57 eurodeputati invece degli attuali 47. Va considerato che i 14 delegati di Afd (fino al mese scorso nella famiglia di Id) ora figurano tra i non iscritti. I conservatori dell’Ecr hanno una evoluzione contraria. L’exploit di Fratelli d’Italia - che passa da dieci a 23 viene frenato dalla modesta performance di Vox in Spagna e Pis in Polonia. Risultato: 71 seggi proiettati invece dei 69 attuali. Una maggioranza centrodestra-destra - come più volte prospettato dagli analisti in Italia - non ha i numeri: si ferma a 319 seggi. Altre maggioranze più verosimili potrebbero essere un sostegno esterno dell’Ecr alla maggioranza Ursula oppure da parte dei Verdi. Ma qui vengono in soccorso le dichiarazioni politiche. Ursula von der Leyen - spitzenkandidat vincitrice - ha teso la mano a liberali e socialisti. «Questa piattaforma (tra popolari, socialdemocratici e liberali) ha funzionato bene, in modo affidabile, costruttivo ed efficace ed è per questo che come primo passo mi avvicinerò ai socialdemocratici e ai liberali, lasciatemi faremo questo primo passo e poi farò il secondo», ha spiegato i giornalisti. Il secondo passo sarebbe quello di aprire un confronto con i Verdi. A chi le chiede dell’Ecr, lei conferma la volontà di avere di avere «un’ampia maggioranza per un’Europa forte». Il criterio è ancora quello: pro-Ue, pro-Ucraina e pro-Stato di diritto. Per von der Leyen, Meloni li rispetta tutti e tre. E nell’Ecr hanno detto chiaramente di «non vedere impedimenti» a lavorare con von der Leyen, salvo un confronto sul programma. Socialisti e liberali invece la pensano diversamente. Intanto riconoscono la vittoria di Ppe e von der Leyen e invitano a lavorare a un programma europeista. Lo ha fatto spitzekandidat Nicolas Schmit: «Siamo disposti a negoziare un patto per i prossimi anni per un’Europa più democratica, più forte socialmente ed economicamente, e anche più sicura». Hayer ha evidenziato che il suo partito è «pronto a mettersi alla guida di una coalizione filoeuropea» purchè le sue «condizioni e ambizioni» siano soddisfatte. «Questi risultati dimostrano che senza di noi non sarà possibile raggiungere una maggioranza europeista al Parlamento europeo», ha evidenziato. Anche per i socialisti la linea rossa è rappresentata dal flirt del Ppe con Ecr e Id. O loro o noi, insomma. I Verdi, da parte loro, aprono per un sostegno alla maggioranza Ursula. A condizione che non venga manomesso il Green deal. «Adotteremo un ruolo costruttivo e responsabile. Le sfide per l’Europa sono troppo grandi per fare giochi politici», ha detto lo spitzenkandidat olandese, Bas Eickhout.