I rapporti tra Conte e Grillo ai titoli di coda? Cosa sta succedendo nel Movimento Cinque Stelle
Conte che afferma che la regola del doppio mandato «non è un diktat», Grillo che minaccia di andarsene. Poi le distanze, quasi abissali, su Parlamentarie e sul simbolo dei 5stelle, sulla comunicazione, sui poteri del garante, sulle alleanze. Sembra ieri, nel senso letterale del termine, ma il litigio porta la data di luglio 2022, in piena campagna elettorale per le politiche. Uno dei punti più alti delle frizioni tra i due leader pentastellati che nel corso della loro lunga collaborazione (nata in sede di consultazioni nel 2018 quando l’avvocato e professore passò dalla probabile poltrona di ministro della PA a quella più ambita e inaspettata di premier) ne ha registrate moltissime. Come moltissime sono state le occasioni per riavvicinarsi: una su tutte il pranzo riparatore a Marina di Bibbiona, poi ribattezzato «il patto della spigola». Ma il mare di Toscana, come i moltissimi faccia a faccia tra Grillo e Conte - quasi tutti consumati all’Hotel Forum, quartier generale del garante quando viene a Roma - non portano mai via del tutto le ruggini e le ombre tra i due. Non occorre andare troppo indietro con la memoria per vederli a un passo da una scissione che nelle ultime ore appare sempre più inevitabile. Basta riavvolgere il nastro di un altro anno - a fine giugno 2021 - per trovare un nuovo graffio nel rapporto tra i due. Oggetto del contendere il refresh chiesto a Conte dello Statuto M5s. «Gli avevamo detto di prenderlo e di farlo evolvere. Lui invece ha preso due avvocati e ha scritto un’altra cosa», ha tuonato Grillo prima di elencare la bellezza di 30 osservazioni alla proposta di Conte. Certo, in quella bozza, particolare peso deve aver avuto il passaggio che limitava i poteri del garante, ovvero di Grillo stesso eliminando l’articolo che prevedeva l’inamovibilità di fatto di Grillo e il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme. Cancellando la designazione del garante quale «custode dei valori fondamentali dell’azione politica dell’associazione». Guarda caso la definizione con cui Grillo ha firmato l’ultimo post contro Conte. Sembrano passati secoli quando Grillo gioì salutando il primo premier pentastellato dicendo che in lui «non si riconosce traccia del macchiettismo compulsivo della stragrande maggioranza dei suoi predecessori». E’ di più fresca memoria, invece, l’affondo che nel novembre scorso fece in prima serata da Fabio Fazio quando disse che l’avvocato del popolo «fu scelto perchè era perfetto, visto che quando parlava si capiva poco». Copia edulcorata di un duro affondo via blog (giugno 2021) con cui Grillo sentenziò su Conte: «Non può risolvere i problemi, non ha la visione politica». La sconfitta alle Europee, poi, non ha certo aiutato a ricucire i rapporti tra i due, sempre più generali l’un l’altro contrapposti con proprie truppe. L’ultima incursione quella di 11 ex parlamentari 5stelle che - sotto le insegne del Garante - hanno chiesto a Conte di assumersi «le sue responsabilità», visto che è sua la colpa del «tracollo» del movimento. "L'ingratitudine - scrivono citando Cartesio - è una mescolanza di egoismo, orgoglio e stupidità». E tanto basterebbe. Ma in quella lettera di inizio agosto gli 11 ex chiedevano agli "smemorati di Collegno» di turno, «senza arte né parte» di "dimostrare rispetto e gratitudine» definendo inoltre «l'idea di un’assemblea costituente per rimettere in carreggiata il fu movimento» come «le pratiche dei vecchi partiti che si volevano pensionare». Infine c'è la cronaca delle ultime 48 ore che tra blog (di Grillo) e note (di Conte) sembrano determinare, questa volta sì, una frattura non ricomponibile con una sempre più vicina scissione nel Movimento.