Palazzo d’Orleans ha sterilizzato le manovre dei franchi tiratori del centrodestra. I grillini si sono spaccati e a quel punto anche il Pd si è messo di traverso. Così ieri l’Ars ha preso tempo, rinviando di due settimane l’esame della riforma degli enti locali. Che, tra le altre cose, avrebbe dato il via libera ai sindaci per aggiungere un assessore a ciascuna giunta comunale. Se ne riparlerà dunque il 15 e 16 ottobre.
Formalmente è una decisione della presidenza dell’Ars, che ha rinviato alle commissioni Bilancio e Affari Istituzionali i 350 emendamenti agganciati alla legge al momento del suo approdo in aula. Le due commissioni lavoreranno tutta la prossima settimana ai testi. Poi rispediranno la riforma in aula, inevitabilmente con costi aumentati visto che alcuni emendamenti introducono spese.
Il punto nodale della legge è quello che crea 390 nuove poltrone da assessore, una in ogni Comune. La norma, già bocciata due settimane fa in commissione su input di Schifani, è stata ripresentata in aula dal leader dei grillini Nuccio Di Paola. E tuttavia dietro il paravento dei 5 Stelle ci sono vaste aree della maggioranza pronte a sostenere l’aumento degli assessori. Non a caso Di Paola ha annunciato lunedì che avrebbe chiesto il voto segreto sul proprio emendamento.
Schifani si è sempre detto contrario a una norma «poco etica mentre sono in atto emergenze che la popolazione avverte come temi prioritari». E, appreso dell’accordo trasversale fra pezzi del centrodestra e l’opposizione, si è pubblicamente rimesso «all’aula che è sovrana» e poi nei colloqui riservati ha «suggerito» ai suoi, nella notte fra lunedì e martedì, di uscire al momento del voto segreto. Ciò avrebbe reso evidente il peso dei franchi tiratori (i parlamentari rimasti in aula) e avrebbe scaricato sull’opposizione il peso mediatico di una norma molto impopolare.
A quel punto nel centrodestra è venuta meno l’urgenza di votare ed è la regola di riportare in commissione emendamenti mai esaminati prima è diventata un paracadute da aprire al volo.
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