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Il divorzio La Vardera-De Luca rischia di far sparire Sud chiama Nord dall’Ars

Il gruppo, infatti, che inizialmente contava otto parlamentari, adesso ne ha solo tre

«Non ho nessuna intenzione di fare il secondo ad altri. A che mi serve fare l’assessore o il vicepresidente, se non posso incidere prendendomi la responsabilità, se non posso anche essere disposto a morire da presidente. Non accetterò mai posti in subordine, piuttosto esco di scena». Così parlava, appena cinque mesi fa, alla vigilia delle elezioni europee, Cateno De Luca. Oggi l’inversione di rotta è pressoché totale e le sue dichiarazioni di sabato scorso – «se devo scegliere tra fare il capo dell’opposizione e il numero due di una nuova maggioranza, di un nuovo centrodestra, preferisco fare il numero due, perché anche da numero due posso incidere» – rappresentano l’ennesimo colpo di scena di una carriera politica fatta di continui strappi. Uno strappo, definitivo, si è consumato con uno degli elementi di punta di Sud chiama Nord: Ismaele La Vardera, che già sabato scorso si era detto «profondamente disorientato» dalle parole di De Luca, ieri ha annunciato il suo addio al partito. Aderirà al gruppo Misto, «non andrò nella maggioranza», ma sono insistenti le sirene che provengono dall’area del Movimento 5 Stelle. «Farò la mia traversata nel deserto – le sue parole –. Ringrazio il movimento e Cateno De Luca, ma è giunto il momento che le nostre strade, almeno per il momento, si dividano. Sabato scorso ho capito quali sono i rapporti con il leader di Sud chiama Nord: niente dialogo e senza averne parlato prima, ha deciso con tutta la deputazione rimasta di tracciare il futuro del partito. Come potrei non tenere conto delle affermazioni di Cateno: noi che oggi attacchiamo il governo regionale siamo pronti domani a sederci con i partiti che oggi lo sostengono? E avrei detto lo stesso se al fianco di Schifani ci fossero stati il Pd ed il M5S».
Di certo questa mossa potrebbe creare un problema di non poco conto a De Luca: il gruppo all’Ars di Sud chiama Nord, infatti, che inizialmente contava otto parlamentari, adesso ne ha solo tre, e cioè lo stesso De Luca, il fedelissimo Pippo Lombardo e Matteo Sciotto. E il regolamento dell’Assemblea regionale prevede che «ciascun gruppo deve essere costituito da almeno quattro deputati». Sono anche contemplate eventuali deroghe, «l’Ufficio di Presidenza può autorizzare la costituzione di un gruppo con un numero inferiore di deputati purché questi siano stati eletti in almeno due circoscrizioni, nonché rappresentino partiti o movimenti organizzati nell’intera Regione o abbiano rappresentanza, organizzata in gruppi parlamentari, al Parlamento nazionale». Ed è il caso di Sud chiama Nord, rappresentato alla Camera grazie a Francesco Gallo (non più al Senato, dove Dafne Musolino ha “sposato” i renziani di Italia Viva). In caso di scioglimento, tutti dovrebbero passare al gruppo Misto, e cioè il gruppo a cui ha ieri dichiarato di aderire La Vardera e nel quale, al momento, c’è solo Gianfranco Miccichè.
Non sono mancate le repliche a La Vardera. Secondo Laura Castelli, presidente di ScN, la scelta dell'ex Iena è «meramente ideologica»: «bisogna sempre avere fiducia nel leader, anche quando non capisci il perché di quella azione. Soprattutto se quella persona ha fortemente creduto e investito in te, sotto ogni punto di vista». E il coordinatore regionale, Danilo Lo Giudice, ha insistito su un tasto: la decisione di La Vardera «sembra essere stata presa con troppa facilità, come se attendesse solo la prima occasione utile per andarsene». Ma il più duro nel rispondere è stato proprio Cateno De Luca: «Perché scappi come un codardo senza avere il coraggio di guardarmi negli occhi? Invito l’on. La Vardera ad un pubblico confronto in diretta sui nostri social. Non accetto lezioni da chi, alle ultime Europee, campagna elettorale pagata da me, ha fatto registrare il risultato peggiore in Sicilia nella provincia di provenienza ed ha preso nella sua provincia meno preferenze di quanto conseguite due anni prima alle elezioni regionali (sempre campagna elettorale pagata da me!)».
Volano gli stracci, insomma. Ma l’uscita di De Luca ha agitato le acque anche in casa altrui. Retroscena non confermati (né smentiti) vogliono che a suggellare la svolta a destra del sindaco di Taormina sia stato un pranzo romano, in una trattoria nei pressi della Fontana di Trevi, con Arianna Meloni, sorella della premier (tra i “registi” ci sarebbero il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, e il delfino di De Luca, Lo Giudice). Ma ieri il coordinatore regionale per la Sicilia occidentale di Fratelli d’Italia, Giampiero Cannella, si è pronunciato così: «Non escludo nulla, ma De Luca deve avere più rispetto. Non si dettano condizioni venendo dall’opposizione. Si può sempre dialogare, ma non può scegliersi gli interlocutori». La condizione posta Da Luca (non certo velatamente) è che siano fuori dai giochi tanto Schifani quanto Musumeci, tant’è che ogni ipotesi di alleanza sarebbe posticipata alla fine della legislatura. Condizione che, in questi termini, fa rima con provocazione.

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