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Medio Oriente, Giorgia Meloni preoccupata: “Drammatica evoluzione in Libano. Israele ingiustificabile”

«È già previsto che io vada in Libano, e il ministro Tajani si sta preparando per andare in Israele e Palestina la settimana prossima». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in sede di replica nel dibattito sulle comunicazioni al Senato in vista del Consiglio europeo, rispondendo al senatore di Iv Enrico Borghi. «Anche con la nostra presenza - ha aggiunto - stiamo facendo tutto quello che è possibile fare».

Poi nell’intervento in aula al Senato nelle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo: «Voglio condividere con voi la preoccupazione per l’escalation in corso in Libano, perchè sono sinceramente preoccupata da come sta evolvendo lo scenario, nonostante gli sforzi innumerevoli, nostri e dei nostri alleati. La posizione del Governo italiano è che si debba lavorare alla piena applicazione della risoluzione 1701 rafforzando le capacità di Unifil e delle forze armate libanesi».

«Difendiamo il diritto di Israele a vivere in pace e in sicurezza, ma ribadiamo la necessità che questo avvenga nel rispetto del diritto internazionale umanitario. Perchè non siamo insensibili di fronte all’enorme tributo di vittime civili innocenti a Gaza, che non a caso sono state dall’inizio al centro del nostro lavoro. Così come la situazione umanitaria a Gaza è sempre più preoccupante, e prosegue anche su questo fronte il nostro impegno». La presidente del Consiglio ricorda che «nell’ambito dell’iniziativa «Food for Gaza», sono stati consegnati all’interno della Striscia oltre 47 tonnellate di beni alimentari», ringrazia per questo il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e aggiunge che «in Libano, subito dopo l’inizio dell’escalation militare, abbiamo approvato nuovi e immediati interventi umanitari pari a 17 milioni di euro che sosterranno anche le persone recentemente sfollate dalle loro abitazioni e le comunità che le ospitano».
«Abbiamo deliberato contributi pari a 5 milioni di euro per le attività di UNRWA in Cisgiordania e a sostegno dei rifugiati palestinesi in Siria, Libano e Giordania. L’Italia rimane disponibile a sostenere progetti specifici dell’Agenzia, ma esclusivamente a seguito - puntualizza - di un controllo scrupoloso volto a impedire qualsiasi forma di commistione con attività terroristiche».

«Le conseguenze dell’attacco di Hamas hanno scatenato un’escalation su base regionale che rischia di avere esiti imprevedibili. E’ nostro dovere continuare a fare ogni possibile sforzo per arrivare ad una de-escalation, riportando il dialogo a prevalere sull'uso della forza, benchè sia un compito tutt'altro che semplice», dice ancora Meloni.
«L'Italia ha condannato l’attacco iraniano a Israele e ha lanciato un appello alla responsabilità di tutti gli attori regionali, chiedendo di evitare ulteriori degenerazioni. Lo abbiamo ribadito anche il giorno successivo all’attacco, insieme agli altri Leader del G7. E’ necessario rompere questo ciclo di violenza ed essere unanimi nell’invitare con decisione tutte le parti a impegnarsi in modo costruttivo per allentare la tensione», sottolinea ancora.
«L'Italia è quotidianamente impegnata per un cessate il fuoco immediato a Gaza, per il rilascio degli ostaggi israeliani, per la stabilizzazione del confine israelo-libanese, attraverso la piena applicazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite», sono ancora le parole di Meloni.

E rispondendo alla senatrice della Lega Elena Murelli, ha detto: «Tutti siamo d’accordo sulla pace, l'Italia lavora dall’inizio in Ucraina e Medio Oriente per costruire la pace, poi bisogna intendersi su come la pace si costruisca nel concreto: in Medio Oriente significa continuare a lavorare per il cessate fuoco a Gaza e in Libano. Non è facile, ma è il lavoro su cui ci spendiamo ogni giorno, io e i ministri competenti. Significa il cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi. Penso che l’Unione europea possa e debba giocare un ruolo e che si debba ragionare già concretamente di cosa dovrebbe accadere a Gaza all’indomani del cessate il fuoco, come accompagnare concretamente la transizione verso l’opzione due popoli e due Stati».

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