Il documento porta la firma di 16 parlamentari regionali, nazionali ed europei. E, al termine di una serie di contestazioni procedurali, spinge i big delle correnti avversarie a chiedere a Anthony Barbagallo di fermare il percorso congressuale e annullare l’assemblea nella quale, sabato, sarà approvato il regolamento che punta sul voto dei tesserati invece che sui gazebo per le primarie.
La tensione nel Pd è salita ancora ieri. Al punto da lasciare prevedere una valanga di ricorsi sull’elezione, prevista fra fine marzo e aprile, del segretario regionale.
L’ultimo atto di un braccio di ferro che vede contrapposta l’area che si riconosce in Elly Schlein, alla quale si iscrive anche Barbagallo, e le correnti di Bonaccini e Orfini che mettono insieme la maggioranza dei deputati è un documento indirizzato alla segreteria nazionale, a quella regionale e alla commissione di garanzia.
Il testo, una pagina fitta di richiami ai codici statutari, porta la firma di 16 big: l’eurodeputato Giuseppe Lupo, la parlamentare nazionale eletta in Sicilia Anna Maria Furlan e poi i deputati all’Ars Michele Catanzaro (capogruppo), Fabio Venezia, Ersilia Saverino, Tiziano Spada, Calogero Leanza, Mario Giambona. Insieme a loro firmano il documento altre figure di primo piano: Antonio Rubino, Pietro Bartolo, Domenico Venuti, Eleonora Sciortino, Teresa Piccione, Marco Guerriero, Felice Calabrò.
È un fronte ampio, che plasticamente rappresenta la scontro in atto. Visto che altri big dell’Ars, in primis Antonello Cracolici e Nello Dipasquale, non hanno firmato l’attacco al segretario uscente. Il quale a sua volta è forte di un sostegno ampio fuori dall’Ars, nei circoli e fra gli iscritti. E della condivisione delle sue scelte da parte della segreteria nazionale.
I dissidenti che firmano il documento contestano l’anticipazione fatta filtrare sui giornali delle regole congressuali. In prima battuta la scelta di puntare sul voto dei tesserati (quelli in regola con l’iscrizione alla data del 31 dicembre scorso) e poi il piano che prevede di convocare una sorta di election day del Pd nel quale in un solo giorno verrebbero eletti i presidenti dei circoli cittadini, i leader provinciali e il segretario regionale.
L’area Bonaccini e quella che si riconosce in Orfini chiedono invece le primarie aperte. Su questo si gioca la partita della leadership, che in prospettiva consegna al futuro vincitore anche l’ultima parola sulle candidature in Parlamento, cioè sugli equilibri interni al Pd fra i rappresentanti delle correnti.
In questa chiave va letto il tentativo dei 16 firmatari del documento di fermare l’assemblea di sabato nella quale Barbagallo ha intenzione di far approvare il regolamento. Sarebbe un punto fermo sul percorso in grado di orientare tutte le tappe successive. Ma i sedici oppositori interni scrivono nel documento di ritenere questa road map «irregolare e irrituale».
Da qui la conclusione: «La convocazione dell’assemblea di sabato è nulla perché contraria alle norme dello statuto del Pd». Andrebbe fatta dal presidente del partito, il dimissionario Antonio Ferrante e non da Barbagallo.
I sedici firmatari contestano la possibilità introdotta da Barbagallo di partecipare all’assemblea del partito anche da remoto, in modalità on line: «Va prevista la convocazione esclusivamente in presenza - è uno dei passaggi chiave del documento - al fine di garantire l’eventuale voto segreto. Mentre la modalità virtuale non garantirebbe la correttezza delle operazioni di voto».
Il documento si chiude con un avviso ai naviganti. Se l’assemblea si terrà ugualmente «saremo costretti a presentare nuove e urgenti osservazioni alla commissione di garanzia». Il non detto è che a Barbagallo viene chiesto di evitare strappi e una conta che spaccherebbe irrimediabilmente il partito e riaprire invece le trattative con le correnti ostili per giungere a un percorso condiviso di elezione del segretario regionale.
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