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Musk lancia il movimento 'Make Europe Great Again'. Una marea sfida l'ultradestra a Berlino

«Make Europe Great Again». Elon Musk continua a entrare a gamba tesa nella politica del Vecchio Continente dopo l’endorsment al partito di estrema destra tedesco Afd e gli attacchi al governo laburista in Gran Bretagna.

Questa volta l’uomo più ricco del pianeta ha deciso di lanciare ufficialmente il movimento Mega per l’Europa, con un evidente riferimento al celebre slogan di Donald Trump. «Gente d’Europa: unitevi al movimento Mega», ha scritto in un post sulla sua piattaforma sabato. La frase era stata usata anche dal premier ungherese Viktor Orban l’anno scorso, quando aveva la presidenza di turno dell’Unione europea ma alla luce del ritorno alla Casa Bianca del tycoon ha tutto un altro peso.

D’altra parte sono mesi che Musk lancia provocazioni e cerca di destabilizzare la politica d’oltreoceano: dal sostegno al partito estremista Afd - la cui leader Alice Weidel è stata anche invitata all’insediamento di Trump a Washington - definito la «miglior speranza per la Germania» alle dure accuse al premier britannico Keir Starmer bollato come un «essere spregevole» fino alla proposta di rinominare la Manica 'Canale George Washington', sulla falsa riga dell’idea del suo boss di ribattezzare il golfo del Messico in 'd’America'.

In un clima politico tesissimo, i tedeschi seguono con ansia i sondaggi in questi giorni, per capire cosa accadrà fra tre settimane alla urne, mentre la Bild si chiede se il Paese sia «ancora governabile». Il fiasco di Friedrich Merz, con la legge sulla stretta sui migranti, in asse con l’ultradestra di Afd, non avrebbe provocato, per ora, grandi spostamenti nella Cdu, regalando invece un punto al partito di Alice Weidel e ai socialdemocratici di Olaf Scholz. Occorrerà però aspettare i prossimi giorni, per capire come l’elettorato si orienterà davvero dopo questa infuocata settimana politica, che si sta chiudendo con una grande manifestazione a Berlino, dove migliaia di persone protestano proprio contro la Cdu, che ha messo a rischio il cosiddetto «Brandmauer», il cordone sanitario che isola l’estrema destra.

"Il Brandmauer siamo noi!". Nella capitale una marea umana parte dal Bundestag per raggiungere la Adenauer Haus e sfidare Friedrich Merz, il leader della Cdu che ha messo a rischio la tenuta del muro politico che isola l'ultradestra di Afd in Germania, in questa tumultuosa settimana, che potrebbe aver segnato irreparabilmente la corsa dell'eterno avversario di Angela Merkel al voto di febbraio.
"Ciao a tutti siamo 250 mila!", ha gridato dal palco una delle organizzatrici della protesta, illuminata prima da un incredibile tramonto, poi da migliaia di fiaccole. Per la polizia sono 160 mila. E non si protesta solo a Berlino: 15 mila a Saarbuecken, 14 mila a Kiel, e migliaia a Ratisbona, Ulm, Potsdam, mentre a Colonia sfilano 350 battelli sul Reno.

Stando al sondaggio dell’Insa, commissionato dal tabloid di Axel Springer, la Cdu sarebbe in stallo al 30%, mentre Afd avrebbe il 22 (+1) e l’Spd il 17 (+1). Dati che emergono dai rilevamenti fatti sia giovedì (dopo la mozione passata al Bundestag grazie ai voti di Alternative fuer Deutschland) sia venerdì, dopo il fallimento della proposta di legge, bocciata dai parlamentari. Stando all’Insa i verdi sarebbero fermi al 12%, Bsw raccoglie un 6% di consensi (-1) e i liberali avrebbero appena il 4. In generale, i valori dell’Unione (Cdu-Csu) oscillano fra il 29 e il 30 da settimane, Afd è data fra il 20 e il 23% (rafforzata soprattutto dagli endorsement di Elon Musk) , Spd fra 15 e 17%, i Verdi fra 12 e 15%. Fra le questioni aperte c'è anche quella decisiva su quali colori potrebbero formare il prossimo Bundesregierung, anche alla luce del forte clima di sfiducia che segna i rapporti dei principali partiti, dopo le convulse giornate parlamentari che hanno visto Spd e Verdi sul piede di guerra contro l’azzardo di Merz. La Bild ha inoltre riferito della forte frustrazione dei liberali, pubblicando una indiscrezione trapelata dalla chat interna: «Inizio a sgomberare il mio ufficio», ha scritto infatti il numero due, Wolfgang Kubicki, amareggiato dai colleghi di partito, che hanno fatto saltare la legge venerdì.

Per non parlare dell’indignazione sollevata dal presunto saluto nazista all’inaugurazione del presidente, che Musk ha negato di aver fatto, o dell’invito alla Germania a liberarsi dal suo senso di colpa e andare «oltre il suo passato».

Le incursioni del miliardario sudafricano hanno irritato non pochi leader politici in Europa e la settimana scorsa l’Ue ha reagito intensificando le indagini sugli algoritmi di X. La Commissione europea ha, infatti, richiesto alla piattaforma di fornire una serie di documenti relativi ai «sistemi di proposte» ovvero quelli che suggeriscono agli utenti cosa leggere o seguire. Il proprietario della piattaforma ha risposto di essere un paladino della libertà di parola e ha accusato Bruxelles di censura.

Intanto in patria il 'first buddy' di Trump continua ad allargare la sua sfera di influenza nell’amministrazione. Secondo un’esclusiva del New York Times, il segretario al Tesoro americano Scott Bessent avrebbe concesso a lui e ad altri membri del cosiddetto Dipartimento per l’efficienza governativa pieno accesso al sistema di pagamento federale. Se fosse confermato, il miliardario avrebbe un potente strumento per monitorare e potenzialmente limitare la spesa pubblica scavalcando il Congresso. Di recente il patron di Tesla ha attaccato proprio il dipartimento guidato da Bessent per non aver bloccato alcuni pagamenti ritenuti da Musk inutili.

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