
In Sicilia nervi tesi nel Pd alle prese con un congresso regionale che si preannuncia infuocato e tra i partiti del centrodestra, dove crescono le pressioni per un rimpasto nel governo di Renato Schifani, con gli autonomisti del Mpa a spingere sull'acceleratore e con un malcontento sempre più crescente in pezzi della coalizione attorno all’assessore all’Economia: «C'è un clima brutto», sussurra più di un esponente della maggioranza.
Due fronti politici aperti e dagli esiti più che mai incerti. Tra gli oppositori al secondo mandato del segretario Dem Anthony Barbagallo che si appresta a presentare la propria candidatura entro il termine del 9 maggio, il banco è saltato ieri notte, quando alla fine di una serie di riunioni Antonello Cracolici, presidente dell’Antimafia regionale, ha deciso di fare un passo indietro rispetto alla disponibilità che aveva dato.
«Mi ritiro ma non rinuncio alla battaglia politica», spiega Cracolici amareggiato per non avere ricevuto risposta «al messaggio scritto 22 giorni fa a Elly Schlein». «In Sicilia la situazione è diventata stucchevole. In queste ore si stanno valutando possibili figure - sostiene - Si troverà la candidatura alla quale io aderirò, a prescindere dalle appartenenze alle mozioni congressuali». Per l’ex segretario siciliano dei Ds «sembra che in questo nostro partito stia prevalendo una cultura molto pericolosa, molto settaria». Parla di «moralismo da marciapiede» e ipotizza «un congresso lungo, che potrà avere strascichi nella vita del nostro partito». Ad avvelenare i rapporti interni è la contrapposizione che si è creata tra la segreteria Barbagallo e la maggioranza del gruppo parlamentare all’Ars (almeno otto su 11 parlamentari) sul tema delle scelte in Assemblea e dei rapporti col governo Schifani. Che dal canto suo mantiene la barra dritta, mentre tra i partiti del centrodestra le fibrillazioni aumentano e si è riaccesa la discussione rimpasto sì rimpasto no. A sgomitare è soprattutto il Mpa, che esprime un solo assessore avendo cinque deputati all’Ars, quanto la Dc che però ha due assessori in giunta. La scintilla che ha innescato la miccia è stato il voto di secondo livello nelle ex Province per le divisioni interne nelle candidature che hanno spaccato il fronte della coalizione. Nel mirino dei falchi che si annidano un pò in ogni partito del centrodestra potrebbe finire la manovrina da 50 milioni di euro approdata stamani nelle commissioni parlamentari e che dovrebbe essere votata a fine mese. L’iter è appena cominciato, il rischio è che senza un chiarimento interno la fronda dei malpancisti presenti il conto.
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