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Non solo vaccino: tutto quello che sappiamo sui farmaci anti-Covid

Documento dei Lincei passa in rassegna le prove scientifiche

Nell’attesa che la campagna vaccinale entri nel vivo per raggiungere l’agognato traguardo dell’immunità di gregge, la lotta al coronavirus si continua a combattere con i farmaci: quali armi sembrano essere davvero efficaci e quali spuntate lo spiegano gli esperti della Commissione Covid-19 dell’Accademia Nazionale dei Lincei, attraverso un nuovo documento che fa il punto sui farmaci in sperimentazione passando in rassegna le evidenze scientifiche attualmente disponibili sulla loro efficacia e sicurezza.

Sui farmaci anti-Covid è «necessario condurre studi clinici rigorosi», sottolineano i Lincei, perché «solo questi possono fornire dati scientifici sufficienti e valutabili in modo preciso, che permettano di distinguere tra episodi aneddotici e prove scientifiche. In assenza di questi studi e in circostanze di alta pressione come le attuali, subentra il rischio di seminare confusione tra i medici».

 

Per fare chiarezza, gli esperti della Commissione hanno dunque deciso di «esaminare le evidenze a sostegno dell’efficacia e della sicurezza dei trattamenti farmacologici, evidenziare la posizione ufficiale delle autorità sanitarie e dei comitati di esperti in relazione a ciascun farmaco o classe di farmaci considerati, e menzionare brevemente gli studi in corso registrati su clinicaltrials.gov o sul registro dell’Oms».

La rassegna parte dai farmaci che bloccano l’ingresso del virus SarsCoV2 nelle cellule bersaglio, come i «promettenti» anticorpi neutralizzanti.

Si passa poi all’uso degli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) e degli antagonisti del recettore dell’angiotensina (ARB), che non sembrano aumentare il rischio di Covid e dunque non devono essere sospesi dai pazienti cardiopatici già in terapia. Altro capitolo è quello dedicato all’antivirale remdesivir, giudicato promettente all’inizio della pandemia ma ora messo in discussione da diversi trial clinici.

Non sembrano esserci più dubbi, invece, sugli antimalarici clorochina e idrossi-clorochina: inizialmente impiegati sulla base di «considerazioni relative al meccanismo d’azione e su pressioni politiche», si sono poi dimostrati inefficaci e tossici per il cuore, tanto da essere sconsigliati per il trattamento dei pazienti Covid. Assolti i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), sospettati in un primo momento di aggravare l’infezione: sia l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che l’Agenzia europea del farmaco (Ema) hanno ritirato l’allerta e per questo si consiglia ai pazienti con dolore cronico di continuare ad assumere i FANS piuttosto che ricorrere agli oppiacei.

Per limitare l’infiammazione legata alla Covid sono stati proposti i farmaci inibitori del complemento, tuttavia i Lincei ricordano che sono necessari nuovi studi per stabilire il loro potenziale terapeutico. Per fronteggiare invece le alterazioni della coagulazione del sangue, è raccomandata l’eparina nei pazienti ricoverati, mentre sono in corso studi su altri agenti antitrombotici, compresa l'aspirina a basse dosi. Infine, il documento dei Lincei si conclude con un capitolo sui corticosteroidi come il desametasone, che nelle sperimentazioni hanno determinato una riduzione della mortalità.

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