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Vaccino anti-cancro: l'italiana Luigia Pace trova la "chiave" del sistema immunitario

«La chiave speciale ed unica in grado di far ripartire il motore dell’auto, che in questo caso è il sistema immunitario del singolo paziente: senza quella chiave il motore-sistema immunitario non riparte, e non è capace di attaccare il nemico rappresentato dalle cellule del tumore». Così Luigia Pace, direttrice del laboratorio di immunoregolazione Armenise-Harvard, per spiegare in che modo agisce il nuovo vaccino terapeutico anticancro messo punto dai ricercatori italiani e sperimentato contro una particolare forma di tumore al colon.

Il vaccino, spiega la ricercatrice, «usa un adenovirus di gorilla reso innocuo e viene utilizzato insieme ad un farmaco immunoterapico. L’azione è duplice: da un lato il farmaco immunoterapico elimina la proteina Pd1 che fa da freno e impedisce al sistema immunitario di attivarsi; dall’altro il vaccino, attraverso l’adenovirus, trasporta le molecole mutate del tumore di un determinato paziente. In questo modo il sistema immunitario può attivarsi contro quelle particolari molecole mutate riconoscendole ed uccidendole. E’ quindi anche un vaccino personalizzato, perchè parte dalle mutazione del particolare tumore di un paziente. In questo senso è la chiave unica che permette di far ripartire il motore».

Ma c'è di più: «Questo vaccino genera anche una memoria nel sistema immunitario che, dunque, impedirà il formarsi di metastasi perché continuerà a riconoscere e uccidere quelle cellule tumorali anche a distanza di tempo. In tal modo si tratta anche di un vaccino preventivo contro le recidive». Una prospettiva che lascia dunque ben sperare: al momento, sono 12 i primi pazienti trattati al mondo con questa tecnologia. I pazienti sono stati trattati in Usa ma i campioni sono stati analizzati in Italia. Altri pazienti saranno trattati a breve. Il trattamento, spiega Pace, «è già all’esame dell’Agenzia italiana del farmaco per l’autorizzazione e l’auspicio è che possa presto essere disponibile per i malati. Vari istituti italiani, tra cui il Candiolo Cancer Institute, sono pronti ad avviare la sperimentazione clinica dopo l’ok dell’Aifa».

L'ulteriore buona notizia è che lo stesso approccio è allo studio anche per combattere altri tipi di tumore come, spiega, quello al polmone. Un successo italiano che, afferma Pace, dimostra come la ricerca nel nostro Paese «possa portare a buoni frutti, ma deve esserci un grande sforzo finanziario perché è necessario essere competitivi a livello internazionale».

Un progetto al quale la ricercatrice ha creduto fortemente, tanto da ritornare in Italia dopo anni di lavoro in Francia e Germania: «Sono rientrata perché ho ottenuto finanziamenti che mi permettevano di fare una buona ricerca in istituti all’altezza, e nel nostro Paese sono tanti». Pace è infatti rientrata in Italia in seguito alla vincita dell’Armenise-Harvard Foundation Career Development Award, programma che dalla fine degli anni '90 ha attirato in Italia 30 giovani scienziati per istituire nuovi gruppi di ricerca in campo biomedico in vari centri di eccellenza italiani. Grazie al doppio finanziamento della Armenise-Harvard Foundation e della Compagnia di San Paolo, che complessivamente hanno stanziato un milione di dollari per la ricerca contro il cancro, ha fondato un laboratorio all’Italian Institute for Genomic Medicine (IIGM) di Torino. Luigia Pace è inoltre titolare di un Investigator Grant sostenuto da AIRC, con oltre 125.000 euro all’anno per cinque anni. Scopo della ricerca è decifrare la struttura molecolare che regola la staminalità e la citotossicità dei linfociti T al fine di potenziare l’immunoterapia.

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