Lunedì 23 Dicembre 2024

La vitamina D potrebbe ridurre il rischio di infarto negli over-60: lo studio

La vitamina D è salva-cuore: secondo uno studio clinico pubblicato dal British Medical Journal, gli integratori di vitamina D possono ridurre il rischio di eventi cardiovascolari gravi, come l’infarto, nelle persone di età superiore ai 60 anni. Lo studio è stato condotto da Rachel Neale del QIMR Berghofer Medical Research Institute, Population Health Program, in Australia. Si tratta del più grande trial clinico di questo tipo condotto finora. In questo lavoro, i ricercatori australiani si sono posti l'obiettivo di verificare se l’assunzione di dosi mensili di vitamina D modifichi il tasso di eventi cardiovascolari gravi. Il D-Health Trial è stato condotto dal 2014 al 2020 e ha coinvolto 21.315 australiani di 60-84 anni, che hanno ricevuto una capsula di vitamina D da 60.000 UI (10.662 partecipanti) o un placebo (10.653 partecipanti) da assumere per via orale all’inizio di ogni mese per un massimo di 5 anni. I dati sui ricoveri ospedalieri e sui decessi sono stati poi utilizzati per identificare gli eventi cardiovascolari, tra cui infarti, ictus e rivascolarizzazione coronarica (trattamento per ripristinare il normale flusso sanguigno al cuore). La durata media del trattamento è stata di 5 anni. Durante lo studio, 1.336 partecipanti hanno sperimentato un evento cardiovascolare grave (6,6% nel gruppo placebo e 6% nel gruppo vitamina D). Il tasso di eventi cardiovascolari gravi è risultato inferiore del 9% nel gruppo vitamina D rispetto al gruppo placebo (equivalente a 5,8 eventi in meno ogni 1.000 partecipanti). Il tasso di infarto è stato inferiore del 19% e il tasso di rivascolarizzazione coronarica è stato inferiore dell’11% nel gruppo della vitamina D, ma non vi è stata alcuna differenza nel tasso di ictus tra i due gruppi. I risultati suggeriscono che l’integrazione di vitamina D può ridurre il rischio di eventi cardiovascolari maggiori. «Questo effetto protettivo potrebbe essere più marcato nei soggetti che assumono statine o altri farmaci cardiovascolari al basale», aggiungono, e suggeriscono la necessità di ulteriori valutazioni per contribuire a chiarire questo aspetto.

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