Lecanemab, il primo farmaco che rallenta l'alzheimera. Neurologi ottimisti, ma non è per tutti e pochi centri pronti
Era atteso da tempo. Ora, dopo quelli statunitensi, giapponesi e britannici, anche i cittadini europei potranno avere accesso al farmaco anti-Alzheimer lecanemab, il primo che, se somministrato in fase precoce, è capace di rallentare la malattia. Il Comitato per i farmaci a uso umano dell’Agenzia europea dei medicinali (Ema) ha infatti raccomandato l’approvazione del farmaco per il trattamento dei pazienti adulti con diagnosi clinica di lieve compromissione cognitiva e demenza lieve dovuta al morbo di Alzheimer e con una specifica variante genetica.
Come funziona Lecanemab contro il morbo di Alzheimer
Lecanemab è un anticorpo monoclonale diretto contro il composto beta amiloide che rappresenta il principale costituente delle placche caratteristiche dell’Alzheimer. In tal modo riduce la formazione di placche nel cervello e rallenta il declino cognitivo. Il farmaco è stato approvato dall’americana Fda con procedura accelerata all’inizio del 2023 e da allora per i pazienti europei era iniziata l’attesa. Dopo un primo parere negativo quest’estate, successivamente all’analisi di ulteriori studi, ora anche l’agenzia europea ha dato il via libera. La palla passa ora alla Commissione europea per l’approvazione definitiva che dovrebbe arrivare entro un paio di mesi.
Reazioni degli esperti e dei clinici all’approvazione di Lecanemab
Soddisfazione è stata espressa dai clinici. «La notizia dell’approvazione apre una nuova storia per il trattamento dei pazienti con Alzheimer, in particolare per coloro che si trovano nelle fasi iniziali per i quali la progressione della malattia potrà essere contrastata», affermano in una nota congiunta Alessandro Padovani, presidente della Società Italiana di Neurologia, e Marco Bozzali, presidente della Società Italiana per lo Studio delle Demenze.
Lecanemab: chi potrà beneficiare della terapia
Gli esperti sono comunque cauti: «Sicuramente non tutti i malati potranno beneficiare di questo trattamento», avvertono. Inoltre, «dovremo attendere la decisione di Aifa anche in relazione ai centri che verranno autorizzati in Italia a somministrare la terapia». Invitano alla prudenza i pazienti. «È indubbiamente positivo avere a disposizione una nuova possibilità di cura», tuttavia "non possiamo dimenticare i limiti di questa terapia, innanzitutto quello di essere destinato a un gruppo di beneficiari decisamente ristretto», sottolinea Mario Possenti, segretario generale di Federazione Alzheimer Italia, che inoltre sottolinea un ulteriore problema legato al trattamento: «nel nostro Paese a oggi solo 47 Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze sono attrezzati con apparecchiature e competenze necessarie per la somministrazione e il monitoraggio di lecanemab: rappresentano il 10,4% del totale e sono distribuiti in modo disomogeneo, lasciando scoperte molte aree soprattutto nel sud Italia», precisa.
Effetti collaterali di Lecanemab e misure di sicurezza
Il farmaco, infatti, può essere associato a effetti collaterali anche gravi, come sanguinamenti o l’accumulo di liquidi nel cervello (nel complesso questi effetti sono definiti "Aria"). Per questo l’Ema ha raccomandato che l’approvazione sia affiancata da misure per ridurre il rischio di effetti collaterali, come la periodica esecuzione di esami diagnostici. Non irrilevante è poi la questione dei costi: in Usa si aggira intorno ai 26 mila dollari l’anno; in Gran Bretagna, è approvato ma non rimborsato dal servizio sanitario, fanno notare i pazienti.
Il ruolo del Governo e la necessità di un’assistenza integrata per i malati di Alzheimer
«Chiediamo infine al nostro Governo di non dimenticare che i farmaci sono solo una parte della cura di cui le persone con demenza hanno bisogno lungo tutto il percorso di vita, e di agire, quindi, per garantire a ognuna di esse un’assistenza completa, che integri cura, supporto psicologico a tutta la famiglia, sostegno economico e iniziative di inclusione», conclude Possenti.