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Sanremo, il Volo: "Dovevamo tornare dove è iniziata la nostra storia"

Il Volo

Ignazio Boschetto da Marsala, Piero Barone da Naro (Agrigento), Gianluca Ginoble da Roseto degli Abruzzi mantengono intatta la loro spontaneità e simpatia. Nonostante il successo internazionale, i milioni di dischi venduti nel mondo, i tre ragazzi del Volo hanno i piedi ben saldi per terra, non si sono montati la testa, rimangono profondamente legati alle loro famiglie e alle loro radici. Festeggiano proprio qui a Sanremo i loro primi dieci anni di amicizia e di musica insieme nata al Teatro Ariston nel programma di Antonella Clerici, “Ti lascio una canzone”. «Quale maniera migliore per festeggiare questo anniversario che tornare proprio sul palco che ci ha visti nascere artisticamente? Non potevamo non ritornare qui», dicono all’unisono i tre fanciulli che a Sanremo si rimettono in gioco con “Musica che resta”, un brano al quale ha collaborato anche Gianna Nannini, che definiscono “esplosivo” e che anticipa il nuovo album “Musica”, in uscita il 22 febbraio in tutto il mondo. Poi, da maggio, per un anno, è previsto un tour mondiale che partirà dal Giappone, per tornare in Italia con due date a Matera, uno show all’Arena di Verona, per proseguire dal Radio City Music Hall di New York, in tutti gli Usa e in Canada.

Che effetto vi ha fatto ritornare in gara dopo la vittoria nel 2015 con “Grande amore”?

«Una forte emozione. In molti ci hanno detto: ma chi ve lo fa fare di tornare in gara? Sappiano che ci sono persone che soffrono la competizione ma noi crediamo che la musica sia condivisione e la competizione non deve esistere. Tutti desiderano il podio ma per noi la vittoria più grande è entrare nel cuore del pubblico».

E ci siete entrati vivendo tante fasi di una carriera speciale...

Ridono: «Da bambini prodigio a ragazzini a tenorini, stiamo crescendo. C’è ancora tanto da dimostrare e proprio per questo abbiamo deciso di essere qui anche per far scoprire quella parte di noi che in pochi conoscono. Per chi ha un’idea di noi distorta di quello che siamo e di quello facciamo. Noi siamo ambasciatori del fascino del bel canto italiano, coerenti con quello che siamo e felici di quanto abbiamo costruito in questi dieci anni. Non possiamo tradire il pubblico che con tanto affetto ci segue. Però, siamo consapevoli che dal 2015 la musica è cambiata, quattro anni fa c’eravamo noi, Malika Yane e Nek nel podio, in questa edizione oltre a noi e Nek c’è una lista di cantanti che propone rap, trap, “indie” e Baglioni ha fatto la scelta migliore: dare spazio a tutti i generi musicali che si ascoltano oggi in Italia».

Qual è stato l’incontro più emozionante in questi dieci anni?

«Undici giorni fa a Panama davanti a Papa Francesco per la 34° Giornata Mondiale della Gioventù. Il momento più importante della nostra carriera e della nostra vita. Non sapevamo di dover cantare a un metro dal Santo Padre e davanti a un milione di giovani».

Ma il Pontefice vi conosceva?

«Sì. Abbiamo saputo che Papa Francesco segue “Porta a Porta” e ci ha visti lì da Bruno Vespa e ci ha dato la sua benedizione per Sanremo e ci ha detto che ci guarderà. Con tutto il rispetto possibile, chissà che non ci voti...».

Ha ancora senso parlare di radici? Quanto sono importanti le vostre origini?

Ignazio: «Tanto. Penso che il legame profondo con miei familiari sia a tutto quello che ha fatto parte della nostra vita prima del Volo. Ma anche l’odore della terra dietro casa mia, il profumo degli agrumi li ricordo con affetto perché fanno parte della mia vita. E gli amici veri sono sempre rimasti al nostro fianco». Gianluca: «Siamo ragazzi normali di 23, 24 e 25 anni e ogni giorno pensiamo a chi ci sta vicino e siamo molto legati ai nostri familiari e non ci vergogniamo di questo. A volte vieni accusato di essere il mammone della situazione. Noi siamo molto attaccati alle nostre famiglie. Siamo normali ventenni di oggi». Piero: «Non bisogna parlarne ma bisogna sempre ricordarle».

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