Ci sono voluti 3 anni per convincerlo a tornare al Festival di Sanremo, dopo la doppia vittoria tra le nuove proposte nel 2016 con Amen e tra i big l'anno successivo con Occidentali's Karma.
«Ho assecondato quello che sono, senza cedere alla schiavitù dei numeri e della presenza a tutti i costi. Volevo vivere bene con le mie esigenze e mi sono preso il tempo necessario per arrivare a Viceversa, il brano che porto in gara quest’anno e che dà anche il nome al nuovo album», spiega Francesco Gabbani senza ansia da
prestazione, senza la necessità di dover dimostrare qualcosa a tutti i costi.
«Non ho la presunzione di pensare di andare a vincere, questa soddisfazione già me la sono tolta - scherza il cantautore toscano, che quando vinse si inginocchiò ai piedi di una sconcertata Fiorella Mannoia, quasi a voler chiedere scusa per un risultato che arrivò a sorpresa e travolgente -. Piuttosto è l'occasione per presentare una canzone che mostra un’altra faccia di me artista, quella più intimista ed emozionale. Sicuramente diversa da Amen e Occidentali's Karma, con le quali
cercavo anche di stuzzicare un pò certi comportamenti sociali. Stavolta non vado per stupire, ma per stupirmi».
Niente balletti e niente scimmie, dunque. «No, niente, però di certo fermo sul palco io non ci so stare e non ci starò», avverte Gabbani, che nella serata delle cover proporrà L’italiano. Subito dopo il festival, il 14 febbraio, uscirà il nuovo album per BMG, che risponde all’esigenza di rispettare coerenza e integrità dello stesso Francesco Gabbani.
«Dentro c'è il meglio di questo mio ultimo anno e mezzo - racconta -. Non vuole essere un concept album, ma c'è un filo conduttore che corre fra tutte le canzoni: un inno alla condivisione e all’abbandono dell’individualismo, uno sguardo sui rapporti tra individuo e collettività, declinato da vari punti di vista e cercando di trovare un equilibrio e una mediazione. È anche un modo per interrogarmi su chi io sia in rapporto agli altri. Se mi guardo allo specchio vedo soprattutto una persona libera, conscio e consapevole di essermi sempre mosso nel rispetto degli altri».
La sua cifra stilistica si sente: gioca con le parole, mescola riferimenti culturali alti e bassi (nel brano Einstein c'è il grande scienziato, ma anche la citazione di Tu si que
vales), si diverte con la ritmica, tanto da sembrare quasi, in alcuni passaggi, di sfociare all’hip hop.
«Non c'era questa volontà, ma io sono batterista nell’anima e credo che la scansione ritmica nella scrittura arrivi da lì».
Tra i 9 brani emerge qua e là anche un messaggio di pace, come in Shambola e Bomba Pacifista.
«La mia rivoluzione passa dalla gentilezza e non dalla violenza. La tenerezza è potente e non una debolezza».
Qualche riferimento alle Sardine? «Con la musica non mi sono mai esposto, ma l’accostamento ci sta. Condivido il loro approccio ideologico ed esistenziale, estrapolato però dai significati della politica. Mi piace il senso di condivisione che cercano di recuperare».
Sulla polemica che infiamma i giorni pre-festival, quelli legati alla presenza del rapper Junior Cally, spiega che «la libertà di espressione non va limitata, altrimenti bisognerebbe aprire un’inquisizione per tanti altri artisti. È sbagliato giudicare un punto di vista, ricondurre tutto a una frase estrapolata».
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