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Fiorello, Ferro, Amadeus: è partito il Festival a tre ruote motrici

Un segno di pace, dopo settimane di “guerra” mediatica. L'apertura di Sanremo è la chiusura di un cerchio e a pensarci è Fiorello. Così geniale da riuscire a trasformare la polemica in sketch e, se vogliamo, nel più efficace degli spot per il tema centrale della prima serata: la donna, appunto. E' irriverente e travolgente al tempo stesso, il Fiore nazionale, nel tagliare il nastro del Sanremo numero 70 vestito da prete e nell'annunciare lo spettacolare e scenografico ingresso del conduttore-direttore artistico intonando il suo nome, Amadeus, sulle note dell'Alleluja.

Se donne e violenza di genere sono la trama, l'amicizia tra Fiorello e Amadeus è la sottotrama di tutto ciò che ruota intorno all'intero Festival. E pare sincero, ancorché dovuto, il sicilianissimo «grazie, Ciuri» che il conduttore riserva a colui che, è persino banale ribadirlo, è molto più di una spalla. Prima, però, l'ennesima stilettata di Fiorello, lezione buona e quasi obbligata per una qualsiasi scuola di satira: «Ricordati, Ama: a Sanremo si entra Papa e si esce Papeete...».

La musica? Rotto il ghiaccio con le Nuove proposte (lascia interdetti l'eliminazione degli Eugenio In Via di Gioia), tocca all'altra presenza fissa voluta da Amadeus, Tiziano Ferro, tracciare il solco lungo il quale si muoveranno i big, con “Nel blu dipinto di blu”, omaggio a Domenico Modugno. Da brividi l'altro omaggio di Tiziano, più tardi: “Almeno tu nell'universo”, struggente, commovente e commossa dedica alla indimenticata Mia Martini, in cui l’emozione copre persino qualche inusuale sbavatura vocale. Solo in coda il cantautore romano omaggia... se stesso, con la sua ultimissima hit, “Accetto miracoli”.

E a proposito di omaggi, è un legame invisibile con gli ultimi due Festival, quello che il cast di “Gli anni più belli” di Gabriele Muccino rende a Claudio Baglioni. Una applauditissima “E tu come stai?”, con la quale anche Emma Marrone chiude il suo difficile, personale cerchio.

Ma ci sono altre cartoline che inevitabilmente ci si porta dietro, dopo il primo capitolo di “Sanremo VentiVenti”: dalla commozione di Rita Pavone, accolta da un'ovazione dell'Ariston, il costume choc di Achille Lauro, provocatoria personificazione del suo “me ne frego”.

E poi c'è la “trama”, appunto: le donne. In quel «è bella, lo posso dire?» con cui Amadeus introduce Diletta Leotta c'è tutta la voglia di andare davvero avanti. La bellezza di Diletta (il suo primo abito giallo ricorda quasi la disneyniana “Belle”) è il cuore del suo monologo, dedicato alla nonna Elena, seduta in prima fila. Il momento “focolare domestico”, intriso di buonismo sanremese che a queste latitudini trova sempre il suo spazio.

Leggerezza che fa da contraltare alla durezza che Gessica Notaro, l'ex miss sfigurata dal fidanzato: che lei ci mette “La faccia e il cuore” decide di cantarlo a tutti, al fianco di Antonio Maggio, sulle note e le parole scritte da Ermal Meta.

Tra Diletta e Gessica, diverso è il tenore, diversi sono i toni delle «parole urgenti» pronunciate da Rula Jebreal. Due leggii, uno nero e uno bianco. Una carrellata di paure, violenze, dolori. Compreso quello intimo, profondo, subito dalla madre di Rula, evocato con la voce strozzata. Le parole giuste esistono, le hanno scritte proprio degli uomini, tutti citati dalla Jebreal: da De Gregori a Battiato, da Vasco a Fossati. «Uomini, lasciateci essere quello che siamo e che vogliamo essere. Impegnatevi insieme a noi». E le lacrime, forse il vero filo conduttore di questa prima serata, scorrono sul palco quanto in platea. Accompagnate da una lirica standing ovation.

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