Il Festival «dell’inclusione», per dirla con l'ad Rai Fabrizio Salini. «Ha vinto la qualità, ha vinto l’autenticità», le parole del direttore di Rai1 Stefano Coletta. La sostanza cambia poco: i numeri dicono che la prima serata del Sanremo griffato Amadeus vince e convince: 52,2% di share (il dato più alto dal Festival dei record di Bonolis, anno di grazia 2005), 10 milioni di telespettatori (in linea col “Baglioni bis”), con picchi del 59,6% e di quasi 15 milioni, e oltre il 60% di ascolti nella fascia d'età tra i 16 e i 24 anni (mai così tanti dal 1997). Un dato che stende un tappeto rosso sul quale s’incammina la seconda serata del Festival. Costringendo Fiorello – ancora, sempre e comunque Fiorello – a mantenere la promessa di martedì: «Se andiamo bene, mi vesto da Maria De Filippi». E nonostante le remore neanche tanto convinte mostrate alla conferenza stampa del mattino, è proprio vestito da Maria De Filippi che “Ciuri” apre le danze di Sanremo 2020, capitolo secondo, con un “autenticamente” (cit.) divertito Amadeus. Semmai servisse una conferma, la serata imprime definitivamente il marchio di Fiorello sul Festival. E semmai servisse una conferma, spesso e volentieri la gara fa da contorno allo show. Non alla musica, perché in un modo o nell'altro la musica c'è sempre. Canta Fiorello. Canta persino Djokovic. Canta, ovviamente, Tiziano Ferro. Un medley, ma soprattutto una vibrante e impetuosa “Perdere l'amore”, in duetto con Massimo Ranieri. La musica è il comune denominatore di tutti gli ospiti della seconda serata: Gigi D'Alessio ripropone “Non dirgli mai” di vent'anni fa; lo stesso Ranieri torna, stavolta in solitaria, con “Mia ragione”. Tocca l’anima, delicato come una carezza e duro come un cazzotto, il momento che vede protagonista Paolo Palumbo: ha 22 anni, è affetto da Sla, si era presentato alle selezioni di Sanremo Giovani e Amadeus l’ha voluto sul palco dell’Ariston. Paolo si esibisce attraverso un riproduttore vocale, accompagnato dalla voce di Christian Pintus: «Per volare mi bastano gli occhi». E le altre parole non servono più, gli applausi della discreta standing ovation della platea non bastano più. Il racconto che Paolo fa della sua vita al pubblico è un tuono che fragoroso irrompe nel silenzio immobile d’un teatro impietrito, sotto gli occhi lucidi di lacrime di Amadeus. «Avete usato il vostro tempo nel migliore dei modi?», chiede con la sua «voce da casello autostradale», con un sorriso che annebbia la mente: «Quando pensate di non farcela, ascoltate e riascoltate la mia canzone». Musica. Musica protagonista. La musica “revival” dei Ricchi e Poveri insieme dopo 40 anni. La musica, offerta al pubblico solo a mezzanotte per “colpa” d’una scaletta andata decisamente lunga, di Zucchero, lui che con l'Ariston negli anni 80 non aveva mai avuto gran feeling. “Spirito nel buio”, “La canzone che se ne va”, “Consapevole libidine” la carrellata regalata dal bluesman con l'immancabile cilindro. Sul palco con lui musicisti, coriste e una carica di energia alla quale il pubblico risponde «accendendo nel buio» le torce dei telefonini. Sobria e discreta la co-conduzione delle giornaliste del Tg1 Laura Chimenti ed Emma D'Aquino, meno sobria ma anche qui col sapore del revival (“Boys boys boys” arriva a notte fonda) la presenza di Sabrina Salerno. Una serata che il Festival dedica a Fabrizio Frizzi, che proprio ieri avrebbe compiuto 62 anni. «Se Fabrizio ci fosse ancora – sussurra Amadeus – , questa 70esima edizione l'avrebbe presentata sicuramente lui».