«Sostengo l’aspetto terapeutico della cannabis: addirittura pensano che io giri per il backstage donando canne, è triste, mi rendo conto che il cambiamento è difficile». Preceduta dall’affondo di Fratelli d’Italia contro la foto sui social con il ciondolo a forma di marijuana accanto alla figlia Naike, accolta in camerino da un mazzo di fiori e cannabis da parte del Comitato promotore del referendum, Ornella Muti, voce profonda, volto di porcellana nascosto dietro i grandi occhiali blu, replica alle polemiche in sala stampa a Sanremo.
Amadeus l’ha voluta accanto a sé per la prima serata del Festival come icona del cinema italiano: «Sono emozionata, spaventata e felice: spero di far bene quello che devo fare», sorride. Ma è inevitabile tornare sul suo impegno per l’uso a scopo curativo della cannabis e sulla creazione dell’associazione Ornella Muti Hemp Club: «Io non spaccio canne, sono una madre, sono una nonna, sono consapevole dei pericoli, ma credo che legalizzare le droghe leggere sia la cosa migliore», sottolinea l’attrice, alla vigilia della pronuncia della Consulta sull'ammissibilità del referendum, attesa per il 15 febbraio. E poi «c'è tutto un giro pericoloso e si trovano cose ben più pesanti: meglio avere la possibilità di ottenere ricette».
Una posizione legata anche alla sua esperienza personale: «Mia mamma ha avuto anni difficili prima di morire e non sono riuscita a darle la cannabis, ho dovuto rimpinzarla di psicofarmaci che annebbiano la coscienza, l’ho persa senza poterle dire ciao perché non mi riconosceva più». Muti rivendica la libertà di scelta: «Ognuno deve fare quello che si sente, io mi sento bene così, mi spiace che venga confuso, tutto qua».
Se il deputato Riccardo Magi, tra i promotori del referendum, plaude e chiede alla Vigilanza di assicurare un’informazione completa su questi temi, e con la Muti si schiera anche Caterina Licatini (M5s), prima firmataria della proposta di legge per depenalizzare l’autocoltivazione di cannabis, il leader della Lega Matteo Salvini taglia corto sui social: «La droga è morte, e sempre e comunque la combatterò. Onore ai ragazzi e alle ragazze che, a San Patrignano e in tutta Italia, lottano per la vita e per la libertà dalle dipendenze». «Chi vuole trasformare l'Ariston in un comizio per la liberalizzazione delle droghe probabilmente confonde il Festival dei fiori con quello dell’erba», ironizza Massimiliano Capitanio, capogruppo del Carroccio in Vigilanza, mentre da Forza Italia Maurizio Gasparri bolla come «autentiche sciocchezze» le parole della Muti, ne chiede l’'esclusione immediata dal festival e si prepara a portare il caso a San Macuto: nel mirino anche la Rai, che si presterebbe a fare «pubblicità gratuita a prodotti che vengono promossi dalla Muti».
Pieno sostegno all’attrice dalla figlia Naìke Rivelli, che l’ha accompagnata a Sanremo: «Siamo la polemica del festival, abbiamo vinto noi. E’ una foglia ragazzi - dice mostrando il ciondolo - non fa niente. Quando mia nonna è stata male avremmo potuto già curarla ma non si sapeva questo. Sta a noi decidere come curarci, nessuno ce lo può dire. Mi auguro che nessuno stia tanto male da cercare questo tipo di terapia».
Sullo sfondo resta il desiderio della Muti di ottenere la cittadinanza russa, come ribadisce in un’intervista alla Tass: «Fa parte della mia cultura, associata con mia madre. Lei è morta quest’anno e questo sarebbe un regalo per lei». La nonna materna, infatti, era originaria di San Pietroburgo e da lì emigrò con il marito in Estonia, dove nacque sua madre, la scultrice Ilse Renate Krause, scomparsa a 91 anni a ottobre 2020. «Io però non mi occupo di politica, non ragiono con quel pensiero», sospira replicando a chi le chiede delle tensioni tra Russia e Ucraina. «Vado con il cuore, vedremo quello che succederà: se questa cosa diventa un problema, deciderò cosa fare.
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