«Abbiamo portato sul palco un argomento tabù che ci tocca da vicino. Non parlarne, sarebbe stato un suicidio», dicono La Sad, che all’Ariston hanno accesso i riflettori su temi come la salute mentale e i suicidi. «Da piccolo sono stato bullizzato perché ero grasso e molto timido: la musica è stato il mio migliore amico, la mia alternativa sociale», ribadisce Alfa incontrando i giornalisti.
E Giovanni Allevi, che torna sul palco dopo due anni di assenza per le cure di un mieloma, è venuto a testimoniare come «la malattia e la sofferenza» lo abbiano «aiutato a scoprire una nuova visione del mondo e delle cose». Nel festival che ha messo al bando i baci proibiti e archiviato i monologhi divisivi, a trovare spazio sono fragilità, dolore e le mille insicurezze della generazione Z, quel buio dentro che si manifesta tra debolezze post Covid, ansia di fallire, disturbi psicologici, atti di autolesionismo. «Sad vuol dire triste, ma da quella tristezza è nata una famiglia: all’inizio eravamo solo in tre, oggi siamo molti, molti di più. Noi ci siamo incontrati nel dolore, ma è stata la nostra opportunità di crescita e di condivisione: per uscirne, abbiamo dovuto parlarne. Lo abbiamo raccontato nelle nostre canzoni. Lo abbiamo raccontato a tutti voi e ne abbiamo parlato anche con il Telefono amico», spiega Matteo Botticini (Theo), componente dei La Sad - con Francesco Emanuele Clemente (Plant) ed Enrico Fonte (Fiks) - in gara con il brano Autodistruttivo. Sul palco, durante la loro performance, tre persone con cartelli con le scritte 'Non siete voi, sono io", 'Non so perché lo facciò, 'Io so solo che non voglio più soffrirè e poi su tutti la stessa frase 'Non parlarne è 1 suicidiò.
È scoppiata in un pianto liberatorio BigMama alla fine della sua esibizione con La Rabbia non ti basta, un pezzo che punta il dito contro bullismo e violenze, verbali e psicologiche, che lei stessa ha subìto e continua a subire sulla sua pelle. Torna al passato anche Mahmood, che nell’autobiografica Tuta Gold fa riferimento al bullismo vissuto da adolescente, nonché al padre, con cui ha avuto un rapporto complicato, già raccontato in Soldi: «Mi hanno fatto bene le offese / Quando fuori dalle medie le ho prese e ho pianto / Dicevi ritornatene al tuo paese / Lo sai che non porto rancore / Anche se papà mi richiederà / Di cambiare cognome». «Quello che mi interessa è raccontare come sono arrivato a essere quello che sono oggi», spiega. Anche Mr.Rain torna sulle fragilità personali con Due Altalene, come Il Tre, che canta «odio convivere con i demoni fissi nella mia testa / Il senso di colpa mi fa sentire una bestia», canta in Fragili, dedicata a una relazione finita male. "Siamo tutti un pò fragili, l’importante è saper convivere con i propri demoni interiori», ha spiegato il rapper romano, che ha scelto voluto uno spazio civico, al centro di Sanremo, che porta il suo nome d’arte ed è un punto di ritrovo anche con specialisti della materia e oggi ha organizzato un incontro con Parole O_Stili, onlus che si occupa di contrastare la comunicazione ostile on e offline e alcuni studenti per sensibilizzarli sull'importanza delle parole e del rispetto degli altri.
«Siamo tutti zombie col telefono in mano / Sogni che si perdono in mare», recita Casa mia, il testo di Ghali. «Non mi chiedere come sto / Vorrei andare via però / La strada non porta a casa / Se la tua casa non sai qual è». Un brano che è anche la storia di rivalsa di un giovane figlio di immigrati tunisini in Italia. E se Alessandra Amoroso ha scelto la sala stampa del festival per una denuncia choc della «valanga d’odio» online da cui è stata travolta, Marco Mengoni ha codificato l’orgoglio della fragilità: «Non bisogna uscirne, ma trovare gli strumenti per gestirla».
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