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Sanremo Factor seconda serata: grazie Nino, non ci passava più! Bianca Balti, Fedez e la malattia, il coraggio di… Malgioglio. La piaga sociale dello sfruttamento dei minori: dov’è Landini?

Seconda serata di Sanremo e seconda serata sul divano, ormai senza telecomando visto che la controprogrammazione al Festival non la fanno più nemmeno Netflix e Amazon Prime. Doverosa premessa: non canta Brunori Sas, quindi il mercoledì sanremese sarebbe abbastanza inutile se non fosse che il co-conduttore Nino Frassica (voto 10 leggendo da sinistra, 01 leggendo da destra) si presenta con una parrucca che ricalca l’acconciatura di Malgioglio in negativo (chioma bianca e ciuffo nero) e ci mette subito di buonumore. E ci servirà, perché tra storie di malattia, di coraggio e di denuncia sociale – non tanto i cartelli contro la violenza esposti da Vale LP e Lil Jolie, quanto piuttosto la terribile piaga dello sfruttamento del lavoro minorile, dal nipote di Alessandro Borghi che piange per Dalla (o per Damiano) al pianista enfant prodige che interpreta Peppino di Capri in una fiction: “Dov’è Landini?” urlerebbe Giorgia, quella che non canta – rischiamo di finire in analisi come Fedez.

A proposito, Fedez (voto 8): della cinquina dei preferiti dalla sala stampa cantano tutti tranne Brunori, e tutti vengono confermati – un po’ a sorpresa – dalle radio e dal televoto con l’unica aggiunta, appunto, dell’ex Ferragnez alle prese con un brano coraggioso sulla depressione. E “coraggio” è chiaramente il mantra della serata: dalla sincerità di Battito all’Alzheimer del brano di Cristicchi fino alla rigenerante apparizione di Bianca Balti (voto 10) che, anziché fare “la malata di cancro”, si gode il palco sanremese come forse nessuno e corre pure da Rose Villain a gridarle “Quanto sei bona!”, dando finalmente voce alla maggioranza silenziosa. Se ci mettiamo pure Francesca Michielin costretta in stampelle per via di un infortunio alla caviglia (voto 8 per l’esibizione con, dicono, la scarpa incollata al piede e pure per il pianto liberatorio alla fine: ma sì, è Sanremo), sembra di vedere una puntata di Dottor House. E ricordate: non è mai lupus. Il più coraggioso di tutti però è Cristiano Malgioglio (voto 8) che azzarda uno strascico che cambia fuso orario e per tutta la serata sembra sempre sul punto di dire una sconcezza inenarrabile, per l’evidente preoccupazione di un Carlo Conti (voto 6,5) che avendo solo metà delle canzoni in gara smarrisce un po’ il ritmo tra ospiti e interruzioni di vario genere.

Dicevamo: per fortuna c’è Nino. In uno show abbastanza piatto, assolve al suo compito di “guastatore” con la consueta genialità, trascinando il conduttore in meandri di nonsense dai quali un paio di volte Conti fatica proprio a riprendersi. “Damiano dei Matrioska” è una perla, la biografia di Malgioglio (dalla quale “saranno tratti un film, una maglietta, un profumo e un liquore”) e le schede sbagliate sui cantanti sono puro Frassica, ma è quando dà la mano a Bresh salutandolo “Signor Bresh…” che pensiamo: grazie cumpari, ci hai fatto passare la serata! Da segnalare – e suggeriamo di guardarla – anche l’intervista a Rtp, dove negli anni Ottanta Frassica faceva il suo esordio televisivo nell’indimenticabile Quaglia o non Quaglia. Via, se siete lì davanti al Festival non siete troppo giovani per ricordarlo.

“Stasera Damiano canta una canzone di Dalla”. “Non è l’unico”. La velenosa risposta che arriva dal divano ci riporta a una delle immancabili polemiche che stanno dando un po’ di pepe a questo Sanremo, insieme alla presunta bufala del messaggio del Papa (che sarebbe stato registrato alla Giornata mondiale dei Bambini, condotta sempre da Carlo Conti, e mandato in onda all’insaputa di Bergoglio). Giorgia e Brunori Sas sono stati accusati sui social di aver plagiato nei loro pezzi rispettivamente La sera dei miracoli di Lucio Dalla e Rimmel di Francesco De Gregori. Ora, nelle chat tra colleghi ce lo eravamo pure scritto trenta secondi dopo la fine del primo ascolto: gli accordi della strofa di Brunori sono praticamente quelli di Rimmel e l’inciso di Giorgia, in particolare il secondo verso, ricalca quello di Dalla. Ma davvero, se avessero voluto plagiare una canzone, avrebbero scelto due capolavori famosissimi e adorati dal pubblico? Così, per non farsi scoprire? Peraltro, di Rimmel ricorre pure il 50. anniversario – oddio, siamo finiti anche noi nel vortice de “I migliori anni”! – e la possibilità di passare inosservati era, diciamo così, ridotta. Polemica da chiudere con una frase del direttore d’orchestra Leonard Bernstein che magari non è invecchiata benissimo, ma tant’è: “Se, secondo la legge islamica, dalle nostre parti si tagliasse la mano ai ladri, avremmo soltanto dei compositori con una mano sola”.

Partiamo da Damiano dei Matrioska (voto 8) per chiudere con un paio di giudizi random: canta Felicità di Dalla e fa piangere un bambino, vorrà dire qualcosa? Poi torna sul palco che lo ha visto trionfare tre anni fa con la sua band e intona Born with a broken heart, un pezzone uptempo in pieno stile Killers con il quale ha scalato le classifiche a ottobre. Belle le parole che spende per il Festival, definendolo “il momento più importante della mia carriera”. Lucio Corsi (voto 9) si toglie il trucco da Pennywise e scopriamo che è uguale alla prima serata, ma il fatto che resti nella cinquina dei più votati è il segno che la canzone piace, e tanto. È già il vincitore morale di Sanremo, mentre per quello... materiale restiamo convinti che sarà una partita a due tra Giorgia e Achille Lauro (voto, anzi televoto a entrambi): il pezzo di Lauro è decisamente migliore, la voce della signora Todrani è unica. E poi è Giorgia, è donna, è madre, è (probabilmente) cristiana, quindi i voti fioccheranno.

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