Sono più di 7 mila le donne che solo in Italia, ogni anno, vengono colpite da tumore al seno triplo negativo metastatico.
Per loro, le armi da poter utilizzare contro la malattia sono ad oggi molto limitate, ma una nuova e concreta speranza arriva da un grande studio che ha dimostrato per la prima volta che l’immunoterapia - che mira a risvegliare
il sistema immunitario contro il cancro - è efficace, in combinazione con la chemioterapia, e porta ad un netto miglioramento del tasso di sopravvivenza di queste pazienti, che risulta quasi raddoppiato.
Lo studio, denominato 'Impassion 130', è stato condotto su 900 pazienti afferenti a centri in vari Paesi del mondo ed è stato presentato al congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo), ottenendo la contemporanea
pubblicazione sul New England Journal of Medicine.
Si tratta, spiega Giuseppe Curigliano, docente di Oncologia medica all’Università di Milano e direttore della divisione Sviluppo nuovi farmaci e terapie innovative all’Istituto europeo di oncologia (Ieo), del «primo studio positivo di immunoterapia per le donne colpite da questo tipo di tumore e che esprimono il recettore pdl1. Le pazienti sono state divise in due gruppi; uno è stato trattato con un farmaco immuniterapico (atezolizumab) in combinazione con un farmaco chemioterapico (nabpaclitaxel) ed il secondo ha invece ricevuto solo la chemioterapia».
I risultati, afferma, «sono stati sorprendenti: le pazienti trattate in prima linea con l’immunoterapia e chemio avevano infatti una sopravvivenza quasi doppia rispetto alle altre, pari a 25 mesi contro 15 del secondo gruppo».
Questo, sottolinea l’esperto, «è un vantaggio di sopravvivenza importante che potrebbe portare alla registrazione della terapia in Italia, anche se puntiamo ad allargare lo studio per capire ancora meglio quali pazienti potranno avere una risposta ottimale».
Questo studio rappresenta comunque, afferma, «un passo avanti enorme perchè porta anche il tumore al seno nell’era dell’immunoterapia e si aprono nuove speranze per queste pazienti, con un vantaggio di sopravvivenza davvero rilevante in un tipo di tumore contro il quale fino ad oggi le armi terapeutiche erano davvero ridotte e nessuna chemio aveva dimostrato un aumento nel tasso di sopravvivenza».
Queste pazienti, sottolinea, «rappresentano il 15% di tutte le donne con tumore al seno e sono quelle al momento con prognosi peggiore. Inoltre, si tratta di un tipo di tumore che colpisce in prevalenza donne giovani». Il trattamento «non è ancora disponibile, ma ci sono in Italia altri studi simili in corso e nell’ambito dei quali - sottolinea l’oncologo - le pazienti potrebbero ricevere tale cura».
Purtroppo, spiega, «in Italia l'Agenzia del farmaco non ha approvato tale sperimentazione per motivi regolatori, non ritenendo la terapia con nabpaclitaxel in prima linea uno standard nonostante in questo tipo di tumore non esista uno standard di cura, e quindi nessun centro italiano ha potuto partecipare allo studio». Da qui un appello al nuovo direttore dell’Aifa, affinchè, conclude Curigliano, «si dia più spazio a studi accademici che presentano dati preclinici importanti, a sostegno dell’avvio di nuove sperimentazioni che possono rivelarsi determinanti per tanti malati».
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