Il mondo ha più abitanti ma la fertilità è calata e continua a farlo. E’ questo il paradosso che vive il nostro pianeta. In quasi 70 anni, dal 1950, la popolazione mondiale è infatti quasi triplicata, passando da 2,6 miliardi di persone a 7,6 miliardi, mentre il tasso di fertilità medio si è quasi dimezzato, tanto che in quasi la metà dei paesi (91) il numero di figli che si fanno non basta a garantire l’attuale numero di abitanti. Nell’altra metà (104) è invece in aumento. Lo evidenzia il rapporto Global Burden of Disease (GBD) pubblicato sulla rivista Lancet.
Nel 1950 il numero medio di figli per donna era di 4,7, mentre nel 2017 è arrivato a 2,4. Se si scende sotto la soglia
di 2,1, la popolazione inizierà a ridursi. Nel 1950 nessun paese del mondo era in questa situazione. Oggi le cose sono cambiate. In particolare in molti paesi europei (come Spagna, Portogallo, Norvegia, Cipro), a Singapore, in Sud Corea, Australia e Usa, ogni donna ha meno di due figli, con il picco minimo di Cipro dove è uno solo. Esistono però altri paesi dove il baby boom continua ad esserci, con il valore massimo del Niger, che ha una media di ben 7,1 figli per donna.
"Abbiamo raggiunto questo livello spartiacque, in cui la metà dei paesi ha un tasso di fertilità insufficiente a garantire il ricambio della popolazione - commenta Christopher Murray, dell’università di Washington -. Se non si interviene, la loro popolazione calerà".
Sulle dimensioni del numero di abitanti di un paese, oltre al tasso di fertilità, ci sono altre variabili che influiscono,
come il tasso di mortalità e la migrazione. Nell’arco di questi 70 anni la composizione della popolazione mondiale è cambiata così in modo sostanziale. Se nel '50 i paesi ricchi, l’Europa centrale e orientale e l’Asia centrale raggruppavano il 35,2% della popolazione globale, nel 2017 rappresentano solo il 19,5%. Al contrario è invece aumentata nell’Asia meridionale, nell’Africa sub-sahariana, l’Americana latina, il Medio oriente e il Nord Africa.
Cambiamenti demografici che hanno conseguenze economiche, visto che la fetta di persone in età lavorativa (15-64 anni) è scesa dal 59,9% del '50 al 57,1% nel '75, per poi aumentare di nuovo al 65,3% nel 2017.
"Presto saremo ad un punto di transizione dove bisognerà affrontare il calo della popolazione - conclude - Metà delle nazioni producono ancora abbastanza figli per crescere, ma visto che sempre più paesi crescono economicamente, il tasso di fertilità si abbasserà".
Il calo della fertilità non si deve tanto al calo degli spermatozoi o altre ragioni mediche, quanto piuttosto a tre fattori chiave, evidenzia il rapporto: meno morti nell’infanzia significa che le donne hanno meno bambini; maggiore accesso alla contraccezione e più donne che studiano e lavorano. In molti modi, il calo della fertilità è una storia di successo. Secondo i ricercatori i paesi con le culle vuote dovrebbero o aumentare l'immigrazione, o introdurre delle politiche a sostegno della maternità.
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