La caccia alla vita nell’Universo non si ferma ai pianeti esterni al Sistema Solare: anche le loro lune, probabilmente molto più numerose di quanto si creda, potrebbero avere le condizioni per ospitare esseri viventi. E' questo lo scenario aperto dalle scoperte più recenti sulle lune dei pianeti ai confini del Sistema Solare, Urano e Nettuno, pubblicate sulla rivista Astrophysical Journal Letters dal gruppo del Politecnico di Zurigo guidato da Judit Szulagyi e del quale fa parte l’italiano Marco Cilibrasi.
«E' strano che due pianeti così simili abbiano un sistema di lune così diverso, che indica una formazione diversa», ha osservato Szulagyi riferendosi alle cinque lune di Urano e all’unica grande luna di Nettuno, Tritone. Finora si pensava che le lune di Urano fossero nate in seguito a una collisione cosmica, come la nostra Luna. Ma le simulazioni con un supercomputer hanno indicato che, nonostante siano così leggeri, entrambi i pianeti possono aver avuto una forza di gravità sufficiente ad attrarre nella loro orbita dischi di gas e polveri dai quali progressivamente si sono formate le lune. La simulazione ha indicato inoltre che Nettuno deve avere avuto più lune in passato, proprio come Urano, e che in seguito siano state spazzate via durante la formazione di Tritone.
Sulla base di queste osservazioni gli autori della ricerca hanno concluso che «se anche i giganti di ghiaccio possono formare i loro propri satelliti, ciò vuol dire che le lune nell’Universo sono molto più numerose del previsto e che anch’esse potrebbero essere potenzialmente abitabili». Vale a dire che potrebbero essere molto numerose le lune potenzialmente simili a quelle di Giove e Saturno, rispettivamente Europa ed Encelado, che sotto i loro ghiacci nascondo oceani d’acqua liquida potenzialmente in grado di ospitare la vita.
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