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Coronavirus e comunicazione, gli errori commessi in tempi di crisi

Coronavirus e comunicazione di crisi. L'emergenza Covid-19 ha reso difficile la gestione comunicativa a causa di una molteplicità di fattori, alcuni dei quali tipici dei casi di emergenza, altri invece nuovi, che ci si è trovati a dover fronteggiare per la prima volta.

Come ho scritto su Manageritalia.it, si tratta della prima emergenza sanitaria ai tempi della disintermediazione generata da fonti di informazione secondarie, in particolare social network e piattaforme di messaggistica personale, utilizzate in maniera massiccia e virale per la condivisione rapida e incontrollata di notizie purtroppo spesso false.

Questo ha portato le istituzioni coinvolte nella comunicazione e i loro portavoce a commettere alcuni errori, applicando le regole della comunicazione pubblica e politica alla comunicazione di crisi, senza considerare che si tratta di due mondi molto diversi e distanti.

La comunicazione politica si basa su toni sensazionalistici, dichiarazioni e posizioni che possono essere contraddittorie fra loro, purché a effetto, in quanto hanno come obiettivo quello di colpire l’utente. La comunicazione di crisi risponde a regole ben diverse ed è mancato un piano che, una volta individuati gli obiettivi da perseguire, elaborasse e aggiornasse continuativamente i messaggi da trasmettere, i canali da utilizzare.

La pianificazione avrebbe consentito alle istituzioni di essere pronte ad affrontare l'emergenza e quindi di accelerare i tempi della comunicazione al fine di renderli rapidi, come il crisis management richiede, ma al tempo stesso di garantire un flusso di comunicazione coordinato e corretto che non cavalcasse l’onda emotiva.

Al contrario, il flusso di comunicazione è stato caratterizzato da un sovraccarico di informazioni provenienti da molteplici fonti. Sarebbe stata necessaria una comunicazione coordinata e centralizzata, mentre, anche a causa delle previsioni legislative in materia di tutela della salute che attribuiscono un ruolo autonomo alle Regioni, le informazioni trasmesse sono state parcellizzate e sovraccariche.

Avrebbe dovuto parlare una sola fonte, invece si sono accalcate le dichiarazioni di Governo, Ministero della Salute, governatori, assessori, sindaci e persino i virologi hanno iniziato a polemizzare fra loro a colpi di post sui social network. Un'attività di comunicazione interna avrebbe avuto la funzione di coordinare le posizioni dei singoli esponenti politici secondo messaggi coerenti.

La frequenza di aggiornamenti e commenti avrebbe potuto essere asciugata: conferenze stampa, interviste, ospitate radio e tv, post e video sui social media si sono susseguiti invece a ritmi incessanti. I contenuti avrebbero potuto essere meno allarmistici, meno emotivi, risultare maggiormente legati a motivazioni precauzionali e organizzative e anche, per quanto possibile, di natura positiva.

Per implementare quelle azioni di comunicazione di crisi, trascurate a causa dell’avvento di un'emergenza così violenta e inaspettata e dall'evoluzione così incerta, i professionisti della comunicazione possono fare sistema per remare verso un'unica direzione tesa ad assicurare prima una comunicazione coordinata e corretta e successivamente il recovery della reputazione dell’Italia.

I singoli possono darsi da fare per contrastare le fake news e condividere sui social e su Whatsapp solo notizie certe attraverso semplici accorgimenti: cercare l'informazione anche sui media tradizionali; audio, messaggi e video senza nome e cognome hanno buone possibilità di essere falsi; se invece citano un nome (anche di un esperto), cercarlo sul web per effettuare le opportune verifiche; fare attenzione ai titoli esagerati e altisonanti, cosi come a testi pieni di errori o formattazioni di testo anormali; fare attenzione alle fonti di origine, spesso il sito ha un'url molto simile (ma non identica) a quella di un sito esistente.

*esperto di comunicazione di crisi

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