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Questi artisti in gara sono certamente “tali”, ma pochissimo “quali”

Già altre volte abbiamo lodato l’idea di “Tale e quale show”, il venerdì su Raiuno, condotto da Carlo Conti, nell’ultima puntata anche da casa sua per positività da Covid. E già altre volte abbiamo lodato l’idea di una trasmissione che coinvolge diverse professionalità interne della Rai, riporta in pista artisti a volte ingiustamente messi da parte o dimenticati, crea una atmosfera serena e spensierata senza troppa autoreferenzialità fra la giuria, che si distingue per i toni pacati e accattivanti.

E fino a qui siamo stati gentili ma ripetitivi, come rischia di essere il programma. Perché, ci dispiace dirlo, è dal 2012 che ininterrottamente la cara Loretta Goggi fa parte della giuria, e un po’ di ricambio non guasterebbe. Negli anni, al tavolo dei giurati si sono alternati molti personaggi noti al pubblico, ma la Goggi resta inchiodata alla sedia, forse alla fine della trasmissione la imballano con tutto l’arredo per rimetterla al posto nell’edizione seguente. È evidente che non è in discussione la sua bravura, la competenza, l’affezione e la continuità che ormai la tiene salda al cuore del pubblico. Tuttavia non possiamo fare a meno di notare che ormai i suoi vezzi e lazzi sono prevedibili, scontati e che appena inizia ad argomentare sull’esibizione sappiamo già che, per ben che ci vada dirà «chapeau», che ormai non è né un tormentone, né un marchio di fabbrica, né un segno distintivo, ma un assillo fastidioso.

Altra evoluzione che ci lascia perplessi è l’uso ormai predominante ed eccessivo del trucco prostetico (quello per cui si indossa come una “protesi”, una maschera che rende identici all’originale). Nelle edizioni passate, grazie ad un trucco scenico molto accurato, si rendeva l’interprete verosimigliante ma, appunto non identico all’artista rappresentato. Sostanzialmente, l’effetto del “tale e quale” era affidato ad una molteplicità di componenti, come l’imitazione della voce, la riproduzione dei gesti, la replica dei costumi di scena più caratterizzanti del personaggio. Tutti elementi che ponevano in risalto le qualità dei concorrenti nella interpretazione più che nella imitazione. Si esaltava, insomma, la capacità d’immedesimazione. Col trucco prostetico, che sostanzialmente snatura i lineamenti, rendendoli simili all’originale imitato, ma in fondo priva i partecipanti alla gara di una essenziale mimica facciale, a nostro avviso si è limitata la potenzialità di interpretazione, perché l’attenzione degli spettatori si concentra sulla fisionomia. L’evoluzione dal punto di vista tecnico della trasmissione, quindi, solo in parte rappresenta un miglioramento perché la riteniamo una limitazione delle attitudini degli artisti in gara. Che saranno tali, ma sono poco quali.

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