La pandemia degli strafalcioni. “C’è la faremo”, “ce l’ha faremo”, abbiamo letto più volte nelle chat, sui social e perché no sui manifesti mostrati da nord a sud dell’Italia nel periodo del lockdown di un anno fa. A proposito, lockdown, un termine ormai entrato a far parte del linguaggio comune, pluristorpiato specialmente nelle pronunce: da “lokktaun” a “lokkaun”, passando per “lokkdan”. E che dire di “Andrà tutto bene”? Molti genitori hanno mandato in avanscoperta i propri bimbi con i loro visini lindi e sorridenti, mentre tenevano in mano, con orgoglio e speranza, arcobaleni dagli slogan improbabili: “Andra tutto bene”, “Tutto andrà bene”. Foto sui giornali e sui ogni mezzo di comunicazione che hanno fatto il giro del mondo, a cui si sono aggiunti video di ogni genere e fattispecie. Ma l’importante era il contenuto icastico del messaggio. Tornando agli anglicismi, molti ancora fanno sfoggio e vanto di lemmi nuovi, estendendoli esageratamente a svariati contesti. “Sono troppo triste oggi. Guarda quante droplet mi scendono dagli occhi...”. Oppure: “Io per ora sono in smart uorkin, niente caffè al bar domattina”. E, al giorno d’oggi, si arriva ai nomi dei vaccini: “Fiser” o “Astraseneca”, nel migliore dei casi. Nessun problema, ovviamente con “Moderna”, anche se qualche rappresentante del gentil sesso potrebbe pensare al magazine femminile di moda, bellezza e sfilate. Il Covid, prima o poi, passerà. Ma gli errori grossolani, nel parlare e nello scrivere, rimarranno. Eccome. “How many a mistakes!!”