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Nicoletta Orsomando e quel "buonasera" simbolo d'un mondo (scomparso) di buone maniere

Quel «Signore e signori buonasera» non era solo un modo per presentarsi al pubblico e richiamarne l’attenzione, ma proprio un segno distintivo, tanto da diventare esso stesso, con la dizione “Signorine buonasera”, paradigma del loro ruolo

Il giorno in cui Nicoletta Orsomando lasciò la RAI

Questo articolo è dedicato a coloro che hanno più di cinquanta primavere, perché vero è che le “Signorine buonasera” sono andate ufficialmente in pensione circa sei anni addietro, ma l’epopea delle annunciatrici televisive, così come quella di Carosello, ha una sua ragion d’essere solo per coloro che si trovano in una specifica fascia d’età e con l’avanzare degli anni cominciano a rendersi conto di alcune mancanze. Non per nulla quando Mediaset si affacciò sui teleschermi varò una sua squadra concorrente di annunciatrici, quasi a volersi presentare agli italiani come alternativa ma ad una tradizione consolidata.

La scomparsa di Nicoletta Orsomando, quindi, porta via con sé un po’ di quella gentilezza che ormai in tv non esiste quasi più, se non nelle smancerie dei conduttori televisivi, che appunto gentilezza, non è, ma solo un modo affettato di accogliere gli ospiti vantando ipocrita consuetudine. La consuetudine delle annunciatrici, invece, in quel piccolo spazio che introduceva alla visione dei programmi, era qualcosa di familiare e casalingo, un modo per entrare con discrezione nelle case di ciascuno invitando a seguire le trasmissioni della serata, senza imporre necessità di marketing.

Ora che le trasmissioni sono precedute da strisce in sovrimpressione che scandiscono il conto alla rovescia che ci separa dalla messa in onda, nella speranza di creare attesa e aspettativa nel telespettatore, ora che i lanci delle trasmissioni più importanti sono comunicati spesso dagli stessi tg di prima serata, abbiamo guadagnato in efficienza ma perso assai nelle buone maniere.

Sì perché le annunciatrici, di cui la Orsomando era, se non la capofila, certamente la più conosciuta al pubblico, ci fanno venire in mente un tratto di quella buona educazione della quale spesso sentiamo la necessità. Quel «Signore e signori buonasera», infatti, non era solo un modo per presentarsi al pubblico e richiamarne l’attenzione, ma proprio un segno distintivo, tanto da diventare esso stesso, con la dizione “Signorine buonasera”, paradigma del loro ruolo.

Avvertire la mancanza delle buone maniere (quelle autentiche), non è solo un segno dell’età, ma rappresenta una necessità della nostra convivenza. Per questo vorremmo lodare quell’ignoto barista il cui listino prezzi del tutto particolare al momento è pubblicato su tutti i social: «Mi fai un caffè» 3 €; «Un caffè per favore» 2€; «Buongiorno, per favore, posso avere un caffè» 1 €. Un richiamo al rispetto e all’educazione che fa riflettere ma che, però, purtroppo, ha bisogno di un incentivo economico.

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