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Papa Francesco: "Detestabile l'ipocrisia nella Chiesa, mina l'unità"

Papa Francesco punta il dito contro l’"ipocrisia": non solo nella società e nella politica, ma in particolare «nella Chiesa». Un aspetto che giudica «detestabile», e capace di «mettere a repentaglio l'unità». «Ci sono molte situazioni in cui si può verificare l'ipocrisia», osserva il Pontefice nell’udienza generale, dedicata oggi al tema «I pericoli della Legge», nel ciclo di catechesi sulla Lettera di San Paolo ai Galati. «Spesso si nasconde nel luogo di lavoro  afferma -, dove si cerca di apparire amici con i colleghi mentre la competizione porta a colpirli alle spalle. Nella politica non è inusuale trovare ipocriti che vivono uno sdoppiamento tra il pubblico e il privato».

«È particolarmente detestabile l’ipocrisia nella Chiesa - aggiunge -, e purtroppo esiste l’ipocrisia nella Chiesa, e ci sono tanti cristiani e tanti ministri ipocriti». «Non dovremmo mai dimenticare le parole del Signore: "Sia il vostro parlare sì sì, no no, il di più viene dal maligno" - avverte Francesco -. Fratelli e sorelle, pensiamo oggi a ciò che Paolo condanna e che Gesù condanna: l’ipocrisia. E non abbiamo paura di essere veritieri, di dire la verità, di sentire la verità, di conformarci alla verità. Così potremo amare. Un ipocrita non sa amare. Agire altrimenti dalla verità significa mettere a repentaglio l’unità nella Chiesa, quella per la quale il Signore stesso ha pregato». Riflettendo sul «rapporto tra la Legge e la libertà», il Papa spiega che «l'osservanza della Legge da parte dei cristiani portava a questo comportamento ipocrita, che l’apostolo intende combattere con forza e convinzione».

E «anche i Vangeli riportano diverse situazioni in cui Gesù rimprovera fortemente coloro che appaiono giusti all’esterno, ma dentro sono pieni di falsità e d’iniquità». «Cosa è l’ipocrisia? - chiede quindi - Si può dire che è "paura per la verità". L’ipocrita ha paura per la verità. Si preferisce fingere piuttosto che essere sé stessi. È come truccarsi l’anima, come truccarsi negli atteggiamenti, come truccarsi nel modo di procedere: non è la verità». E la finzione "impedisce il coraggio di dire apertamente la verità e così ci si sottrae facilmente all’obbligo di dirla sempre, dovunque e nonostante tutto». La finzione «ti porta a questo: alle mezze verità». E «in un ambiente dove le relazioni interpersonali sono vissute all’insegna del formalismo, si diffonde facilmente il virus dell’ipocrisia. Quel sorriso che non viene dal cuore, quel cercare di stare bene con tutti, ma con nessuno».

L’ipocrita, ribadisce Bergoglio, «è una persona che finge, lusinga e trae in inganno perché vive con una maschera sul volto, e non ha il coraggio di confrontarsi con la verità». Per questo, «non è capace di amare veramente - un ipocrita non sa amare - si limita a vivere di egoismo e non ha la forza di mostrare con trasparenza il suo cuore». Al termine, Francesco invia il suo saluto agli atleti delle Paralimpiadi iniziate ieri a Tokyo e li ringrazia «perché offrono a tutti una testimonianza di speranza e di coraggio. Essi, infatti - sottolinea -, manifestano come l’impegno sportivo aiuti a superare difficoltà apparentemente insormontabili». E salutando i fedeli provenienti da Montegallo (Ascoli Piceno), «che il 24 agosto di cinque anni fa sono stati colpiti dal terremoto», rivolge il suo pensiero «alle vittime e alle comunità dell’Italia centrale, tra cui Accumoli e Amatrice, che hanno subito le dure conseguenze di quell'evento sismico». «Con il concreto aiuto delle Istituzioni, è necessario dare prova di "rinascita" senza lasciarsi abbattere dalla sfiducia - conclude il Pontefice -. Esorto tutti ad andare avanti con speranza. Coraggio!».

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