E’ possibile introdurre una distinzione tra vaccinati e non vaccinati senza l’obbligo del vaccino? Come si risolvono tutti i problemi connessi alla privacy? Cosa si fa con gli stranieri che arrivano in Italia dagli altri paesi europei visto che per l’Ue esiste al momento un solo certificato? Il dibattito sul super green pass apre una serie di questioni che dovranno essere affrontate e risolte dal governo.
RESTRIZIONI SOLO PER NO VAX E COSTITUZIONE
Il primo problema è che il doppio binario per vaccinati e non vaccinati potrebbe essere oggetto di ricorsi. Lo ha sottolineato il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli. "Mi pare un rimedio difficilmente praticabile e, dal punto di vista normativo, molto rischioso come possibilità di giustificazione dei singoli divieti». Un problema che ci sarebbe pure dal punto di vista pratico, visto che «anche i vaccinati possono essere portatori del virus». Piuttosto, è la conclusione di Mirabelli, «se la situazione è così vincolante per cui i non vaccinati non possono compiere una parte molto consistente della loro attività, della loro vita lavorativa o di relazione, allora questo giustificherebbe l’imposizione di un obbligo di vaccinazione non una sorta di lazzaretto domestico». Dubbi condivisi anche da Luca Zaia: il lockdown per i non vaccinati, ha detto il presidente del Veneto, «non è praticabile dal punto di vista giuridico, stante oggi la Costituzione e il paese che siamo. Sarebbe di difficile applicazione costituzionale».
NODO PRIVACY
Un’altra questione da risolvere riguarda i dati degli italiani: con il doppio binario del green pass, infatti, chiunque sarà chiamato a effettuare i controlli potrà conoscere se il cittadino è vaccinato, guarito o ha fatto un tampone. Un punto sul quale il Garante della Privacy ha in passato espresso parere negativo. «Ciò che va comunque evitato - ha detto Pasquale Stanzione - sono le discriminazioni in base alle scelte vaccinali e l’indebita conoscenza, da parte di soggetti non legittimati, dei dati sanitari degli interessati». Non solo, in merito all’emendamento al decreto green pass votato dal Parlamento che prevede una semplificazione dei controlli per i lavoratori del settore privato che consegnano una copia della certificazione al datore di lavoro, il Garante ha rilevato una serie di «criticità": «la consegna del pass non elimina la possibilità di un contagio sopravvenuto dopo il vaccino» ed inoltre «lasciare il pass cartaceo al datore di lavoro determina ciò che l’Europa non vuole, cioè la conoscenza dello status sanitario del soggetto» poiché dal cartaceo si capisce se il soggetto è vaccinato, guarito o tamponato. Il dato sanitario «è ultra-sensibile, sottratto alla disponibilità della parte, a tutela della persona nella sua integrità».
SUPER PASS RIDUCE I CONTAGI?
L’obiettivo chiaro del certificato a doppio binario è quello di evitare chiusure se una regione dovesse cambiare colore. Tra gli esperti c'è chi sottolinea però che con le regole attuali, in caso di passaggio in zona gialla, arancione o rossa, le misure scatterebbero per tutti, indistintamente; con il super green pass, invece, a vedersi negato l’accesso a ristoranti, cinema, teatri, stadi, sarebbe meno del 15% della popolazione vaccinabile, mentre il resto potrebbe continuare a usufruire delle attività, nonostante anche chi è vaccinato può contagiarsi e diffondere, seppur in maniera minore, il virus.
NODO TURISTI
Un altra questione da risolvere è come comportarsi con i turisti e i cittadini dell’Ue che entrano in Italia. La normativa stabilisce che il pass Ue - ottenibile con certificato di vaccinazione, guarigione o con tampone negativo - è accettato da tutti gli stati membri e consente «in linea di principio di essere esonerato dalle restrizioni alla libera circolazione». Con il super pass potrebbe dunque verificarsi la situazione che un cittadino italiano non può accedere a un ristorante o ad un cinema e un francese o uno spagnolo si. Sul sito dell’Ue si legge che «gli Stati membri dovranno astenersi dall’imporre ulteriori restrizioni di viaggio ai titolari di un certificato Covid digitale dell’Ue, a meno che esse non siano necessarie e proporzionate per tutela della salute pubblica» e, in tal caso, gli Stati devono «informare la Commissione e tutti gli altri membri e giustificare tale decisione».