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Cassazione: è violenza sessuale anche il bacio "rubato" alla moglie. Una condanna a Messina

Obbligare la moglie a farsi baciare configura il reato di violenza sessuale. Lo sostiene la Cassazione in una sentenza che conferma la condanna in appello nei confronti di P.S.M. pronunciata dalla Corte d’Appello di Messina. Nelle recenti motivazioni, rese note dallo Studio Cataldi, gli "ermellini" spiegano che «è evidente» la consumazione di questo reato in quanto «l'imputato ha stretto il viso della vittima bloccandola per imporle il bacio sulla bocca e, contemporaneamente, e, nonostante la resistenza oppostagli, le ha impedito di sfuggire alla sua presa» anche se a conoscenza delle intenzioni della donna di porre fine al rapporto e di trasferirsi lontano da lui.

Secondo il ricorrente, non ci sarebbe stata «una vera e propria violenza fisica e verbale» ma la Cassazione ricorda che, sulla base di una consolidata giurisprudenza, «non occorre che la violenza sia di forma o veemenza particolare o, men che meno, brutale e aggressiva, potendo manifestarsi anche come sopraffazione funzionale e limitata alla pretesa dell’assalto». In questo caso, è «irrilevante il fine del bacio che era, stado al ricorrente, un «tentativo di riconciliazione con la vittima» perchè a pesare è solo «l'indubbia volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della vittima non consenziente». E i giudici sottolineano anche il contesto di violenza in cui è maturato questo 'bacio rubatò da parte dell’imputato a cui è stata confermata la condanna a due anni di carcere per sequestro di persona, lesioni aggravate e maltrattamenti oltre che per l’episodio del bacio.

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