Cosa significa la parola Pasqua? L'etimologia è da ricondursi all'ebraico pesach = passaggio, termine con il quale si indicava sia il passaggio dell'Angelo della morte che avrebbe risparmiato i primogeniti del popolo eletto qualora avesse trovato sugli stipiti degli usci il sangue degli agnelli pasquali immolati secondo prescrizione divina, sia il passaggio dalla schiavitù alla libertà degli Ebrei con l'attraversamento del Mar Rosso. Nel Cristianesimo, il significato della Pasqua è legato al passaggio definitivo dalla morte alla vita di Gesù Cristo che avviene con la resurrezione ma anche, il passaggio, la trasformazione delle specie eucaristiche, pane e vino nel corpo e nel sangue del Signore.
Perché l'uovo è tra i simboli della Pasqua: una tradizione antichissima
Già per le antiche civiltà mitologiche, l'uovo rappresentava un simbolo dell'unione tra terra e cielo, mentre per i filosofi egizi era il fulcro dei 4 elementi terra, acqua, aria e fuoco. Furono poi le culture pagane a cominciare a identificare l'uovo come simbolo di rinascita della natura e di fertilità, nel passaggio tra inverno e primavera: i romani avevano l'abitudine di seppellire un uovo dipinto di rosso nel terreno per augurarsi un buon raccolto. E in epoca pre-cristiana in molti luoghi del mondo era già diffusa la tradizione dello scambio delle uova. Gli antichi Persiani, ma anche gli stessi Egizi, i Greci e i Cinesi usavano donarsi delle uova decorate in modo rudimentale per celebrare il cambio di stagione e l'arrivo della primavera, vissuto come una sorta di Capodanno.
Da queste influenze nacque così la simbologia cristiana legata all'uovo come segno di vita: simile a un sasso, e quindi a un sepolcro, l'uovo contiene in realtà la vita, e divenne per questo simbolo di resurrezione. Nacque così la tradizione delle uova di Pasqua, che ebbe però l'impulso decisivo nel Medioevo, probabilmente in Germania. Prima come dono alla servitù, poi come omaggio tra gli abitanti delle comunità.
Le uova cominciarono poi a essere decorate e nacquero le prime uova artificiali, dal solo valore simbolico, prodotte e decorate con metalli preziosi. Questa tradizione si diffuse dappertutto, in particolare in Inghilterra, sotto Re Edoardo I, e sotto gli zar in Russia, dove divennero celebri le creazioni dell'orafo Peter Carl Fabregé. Oggi in tutta l'Europa dell'Est resta fortissima la tradizione di dipingere a mano le uova, decorarle con grande fantasia e appenderle alle finestre o ad alberelli pasquali.
Qual è il significato religioso della Pasqua
Ecco cos'ha detto Papa Francesco nell'Udienza Generale dello scorso 13 aprile
"Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Siamo al centro della Settimana Santa, che si snoda dalla Domenica delle Palme alla Domenica di Pasqua. Entrambe queste domeniche si caratterizzano per la festa che viene fatta intorno a Gesù. Ma sono due feste diverse.
Domenica scorsa abbiamo visto Cristo entrare solennemente a Gerusalemme, come una festa, accolto come Messia: e per Lui vengono stesi sulla strada mantelli (cfr Lc 19,36) e rami tagliati dagli alberi (cfr Mt 21,8). La folla esultante benedice a gran voce «colui che viene, il re», e acclama: «Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli» (Lc 19,38). Quella gente là festeggia perché vede nell’ingresso di Gesù l’arrivo di un nuovo re, che avrebbe portato pace e gloria. Ecco qual era la pace attesa da quella gente: una pace gloriosa, frutto di un intervento regale, quello di un messia potente che avrebbe liberato Gerusalemme dall’occupazione dei Romani. Altri, probabilmente, sognavano il ristabilimento di una pace sociale e vedevano in Gesù il re ideale, che avrebbe sfamato le folle di pani, come aveva già fatto, e operato grandi miracoli, portando così più giustizia nel mondo.
Ma Gesù non parla mai di questo. Ha davanti a sé una Pasqua diversa, non una Pasqua trionfale. L’unica cosa a cui tiene per preparare il suo ingresso a Gerusalemme è cavalcare «un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno» (v. 30). Ecco come Cristo porta la pace nel mondo: attraverso la mansuetudine e la mitezza, simboleggiate da quel puledro legato, su cui nessuno era salito. Nessuno, perché il modo di fare di Dio è diverso da quello del mondo. Gesù, infatti, appena prima di Pasqua, spiega ai discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27). Sono due modalità diverse: un modo come il mondo ci dà la pace e un modo come Dio ci dà la pace. Sono diversi.
La pace che Gesù ci dà a Pasqua non è la pace che segue le strategie del mondo, il quale crede di ottenerla attraverso la forza, con le conquiste e con varie forme di imposizione. Questa pace, in realtà, è solo un intervallo tra le guerre: lo sappiamo bene. La pace del Signore segue la via della mitezza e della croce: è farsi carico degli altri. Cristo, infatti, ha preso su di sé il nostro male, il nostro peccato e la nostra morte. Ha preso su di sé tutto questo. Così ci ha liberati. Lui ha pagato per noi. La sua pace non è frutto di qualche compromesso, ma nasce dal dono di sé. Questa pace mite e coraggiosa, però, è difficile da accogliere. Infatti, la folla che osannava Gesù è la stessa che dopo pochi giorni grida “Crocifiggilo” e, impaurita e delusa, non muove un dito per Lui.
A questo proposito, è sempre attuale un grande racconto di Dostoevskij, la cosiddetta Leggenda del Grande Inquisitore. Si narra di Gesù che, dopo vari secoli, torna sulla Terra. Subito è accolto dalla folla festante, che lo riconosce e lo acclama. “Ah, sei tornato! Vieni, vieni con noi!”. Ma poi viene arrestato dall’Inquisitore, che rappresenta la logica mondana. Questi lo interroga e lo critica ferocemente. Il motivo finale del rimprovero è che Cristo, pur potendo, non ha mai voluto diventare Cesare, il più grande re di questo mondo, preferendo lasciare libero l’uomo anziché soggiogarlo e risolverne i problemi con la forza. Avrebbe potuto stabilire la pace nel mondo, piegando il cuore libero ma precario dell’uomo in forza di un potere superiore, ma non ha voluto: ha rispettato la nostra libertà. «Tu – dice l’Inquisitore a Gesù –, accettando il mondo e la porpora dei Cesari, avresti fondato il regno universale e dato la pace universale» (I fratelli Karamazov, Milano 2012, 345); e con sentenza sferzante conclude: «Se c’è qualcuno che ha meritato più di tutti il nostro rogo, sei proprio Tu» (348). Ecco l’inganno che si ripete nella storia, la tentazione di una pace falsa, basata sul potere, che poi conduce all’odio e al tradimento di Dio e a tanta amarezza nell’anima.
Alla fine, secondo questo relato, l’Inquisitore vorrebbe che Gesù «gli dicesse qualche cosa, magari anche qualche cosa di amaro, di terribile». Ma Cristo reagisce con un gesto dolce e concreto: «gli si avvicina in silenzio, e lo bacia dolcemente sulle vecchie labbra esangui» (352). La pace di Gesù non sovrasta gli altri, non è mai una pace armata: mai! Le armi del Vangelo sono la preghiera, la tenerezza, il perdono e l’amore gratuito al prossimo, l’amore a ogni prossimo. È così che si porta la pace di Dio nel mondo. Ecco perché l’aggressione armata di questi giorni, come ogni guerra, rappresenta un oltraggio a Dio, un tradimento blasfemo del Signore della Pasqua, un preferire al suo volto mite quello del falso dio di questo mondo. Sempre la guerra è un’azione umana per portare all’idolatria del potere.
Gesù, prima della sua ultima Pasqua, disse ai suoi: «Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Gv 14,27). Sì, perché mentre il potere mondano lascia solo distruzione e morte – lo abbiamo visto in questi giorni –, la sua pace edifica la storia, a partire dal cuore di ogni uomo che la accoglie. Pasqua è allora la vera festa di Dio e dell’uomo, perché la pace, che Cristo ha conquistato sulla croce nel dono di sé, viene distribuita a noi. Perciò il Risorto, il giorno di Pasqua, appare ai discepoli e come li saluta? «Pace a voi!» (Gv 20,19.21). Questo è il saluto di Cristo vincitore, di Cristo risorto.
Fratelli, sorelle, Pasqua significa “passaggio”. È, soprattutto quest’anno, l’occasione benedetta per passare dal dio mondano al Dio cristiano, dall’avidità che ci portiamo dentro alla carità che ci fa liberi, dall’attesa di una pace portata con la forza all’impegno di testimoniare concretamente la pace di Gesù. Fratelli e sorelle, mettiamoci davanti al Crocifisso, sorgente della nostra pace, e chiediamogli la pace del cuore e la pace nel mondo".
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