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Cattolici italiani: "Più accoglienza per le persone Lgbt. Più trasparenza sugli abusi"

Accogliere e includere, aprirsi alle persone Lgbt+ e ai loro familiari per una Chiesa che sappia rinnovarsi, che sappia «far entrare» e non discriminare. E sugli abusi fare chiarezza, non nascondere ma confrontarsi con le vittime di quei «crimini per cui la Chiesa prova vergogna e pentimento». E’ l’appello dei cattolici italiani al termine della fase diocesana del Sinodo 2021-23, il confronto cioè con il «Popolo di Dio», con chi ogni giorno è impegnato nella professione della fede e deve far fronte a richieste ed esigenze che richiedono - si legge - «un ripensamento complessivo» della Chiesa per un «processo di rinnovamento in vista di comunità più aperte, meno giudicanti e capaci di non lasciare indietro nessuno».

Una sintesi - quella pubblicata oggi dalla Cei - che sembra indirettamente anche assumere i contorni di un monito alla politica, immersa in una campagna elettorale all’ultimo respiro che si concluderà con le elezioni del 25 settembre. Accoglienza e ascolto sono le parole d’ordine del mondo cattolico. Dare attenzione ai giovani «poco compresi» e troppo spesso "giudicati», ma anche alle persone separate e divorziate, agli omosessuali e ai migranti, ai disabili e agli emarginati. «Le persone - si legge nelle 13 pagine della sintesi - costituiscono la vera ricchezza delle comunità, ciascuna con il suo valore unico e infinito». La comunità cattolica chiede a gran voce «di far cadere i pregiudizi», «di rinunciare alla pretesa di sapere sempre che cosa dire», «di imparare a riconoscere e accogliere la complessità e la pluralità». «Con chiarezza le Chiese che sono in Italia - si legge - hanno messo in luce la necessità di porsi in ascolto dei giovani, che non chiedono che si faccia qualcosa per loro, ma di essere ascoltati; delle vittime degli abusi sessuali e di coscienza, crimini per cui la Chiesa prova vergogna e pentimento ed è determinata a promuovere relazioni e ambienti sicuri nel presente e nel futuro; delle vittime di tutte le forme di ingiustizia, in particolare della criminalità organizzata; dei territori, di cui imparare ad accogliere il grido, grazie all’apporto di competenze specifiche e all’impegno di "stare dentro" a un luogo e alla sua storia». Sul tema della donna, infine, le diocesi sottolineano la mancanza di «una reale condivisione delle responsabilità che consente alla voce femminile di esprimersi e di contare». "Particolare attenzione - spiegano le comunità - va riservata a religiose e consacrate, che spesso si sentono utilizzate soltanto come "manodopera pastorale"». Il messaggio è chiaro e urgente e i vescovi non potranno non tenerne conto in vista della fase universale del Sinodo che arriverà il prossimo anno.

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