«Scriviamo per ragioni varie, una delle quali è per parlare di noi stessi», così diceva con la forza comunicativa del maestro, il linguista e accademico della Crusca Luca Serianni, tragicamente scomparso lo scorso luglio. E a Serianni, sempre attento alle aperture della lingua italiana e al suo evolversi, è stata dedicata, in occasione della XXII Settimana della lingua italiana nel mondo che si chiude oggi, la Giornata ProGrammatica di “La lingua batte”, la bella trasmissione di RaiRadio3 giunta alla sua decima edizione. Alla lingua italiana con i suoi dubbi e le sue flessioni, senza cedere alle semplificazioni e alle personalizzazioni del linguaggio (Serianni stesso è stato esegeta dei discorsi programmatici dei presidenti del Consiglio che si sono avvicendati dal dopoguerra ai nostri giorni, registrando l’irrompere di termini come «io», «cittadini», «italiani», «gente»), “La lingua batte”, ideata da Marino Sinibaldi e da Giuseppe Antonelli con la cura di Cristina Faloci, ha dedicato tutta la Giornata Programmatica (organizzata in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, il Ministero degli Esteri, l’Accademia della Crusca, la Comunità Radiotelevisiva Italofona e il portale per gli studenti Skuola.net), conclusasi con la diretta condotta dallo scrittore Paolo Di Paolo (voce guida del programma “La lingua batte”) alla presenza di Giuseppe Antonelli, linguista e divulgatore, e dello scrittore e sceneggiatore Giordano Meacci, tutti e tre già allievi di Serianni. Il tema di quest’anno era incentrato su “L’italiano dei giovani” nei libri, nelle canzoni, nel mondo. E pochi linguisti come Serianni amavano accogliere e contestualizzare le voci dei giovani, i neologismi, le “parole macedonia”, gli inglesismi traslitterati in italiano, per ragionare di italiano. Così pronto ad ascoltarli che quando Antonelli gli chiese da studente nel 1992 un seminario sul linguaggio dei cantautori in seno alla cattedra di Storia della Lingua Italiana della Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza di Roma, la generosa curiosità di Serianni diede il via a quell’esperimento dal quale nacque l’Accademia degli Scrausi, un gruppo di studenti, tra i quali Antonelli, Meacci, Francesca Serafini, che del lemma «scrauso», cioè «di scarso valore», attestato nel 1527 nella confessione di una strega del contado romano, ripescato dal linguaggio della periferia romana e poi comune a un gergo giovanile senza differenze di ceto, ha fatto un simbolo denso di tante sfumature sociolinguistiche. Ecco, per l’appunto, il linguaggio giovanile che nasce e si diffonde grazie alle piattaforme social e alle serie televisive (fondamentali TikTok e Netflix), un fenomeno che viene monitorato – cosa non facile per la velocità dei mutamenti e l’ “invecchiamento” repentino dei termini – dalla Treccani e dalla Crusca. La cittadinanza nel cartaceo del dizionario – quella che hanno avuto i lemmi femminili che precedono quelli maschili – è un passaggio successivo. Un esempio? La parola macedonia «smombie», crasi tra smartphone e zombie, per indicare «chi cammina per strada senza alzare lo sguardo dallo smartphone», coniata in Germania nel 2008,è registrata per ora solo nel vocabolario online Treccani. La riflessione sul linguaggio giovanile, considerato dagli studi degli anni ’90, come ricorda il linguista Paolo D’Achille, un linguaggio ludico e transitorio, rinvia ovviamente al dialogo intergenerazionale presente nella realtà e dunque filtrato nella canzone, nel cinema e nella scrittura, come hanno attestato gli ospiti della serata conclusiva di “La lingua batte”, che è stata essa stessa occasione di incontri intergenerazionali: i giovani Valerio Ferrara, regista, e Giorgio Poi, cantautore (ideatore inoltre del progetto “Canzonette”, testi per canzoni scritti da Pasolini in mostra a Roma da ottobre a febbraio 2023 al Palazzo delle Esposizioni), i linguisti Paolo D’Achille (che ha presentato il volume edito dall’accademia della Crusca per la Settimana della lingua italiana “L’italiano e i giovani”) e Beatrice Cristalli, gli scrittori Mario Desiati (il suo “Spatriati” Premio Strega 2022, è un lemma di uno dei tanti dialetti pugliesi e significa un precario in tutto, un «senza patria», escluso dalla comunità dei «regolari») e Sandro Veronesi (uno «scrauso» ad honorem), I Soldi Spicci (gli amatissimi comici palermitani Annandrea Vitrano e Claudio Casisa), Daniele Grassini di Skuola.net e Maria duBessé, della Comunità radiotelevisiva italofona. E se è difficile per i giovani raccontare i giovani, in bilico tra italiano standard e linguaggio gergale e social, oggi la frattura tra linguaggio giovanile e linguaggio degli adulti è maggiore che nel passato, proprio perché, causa anche la lontananza dall’italiano tradizionale, nascono nuove parole con una creatività che opera a qualunque livello.