Questo fine settimana si terranno le celebrazioni - promosse dalla delegazione messinese dell’Istituto delle Guardie d’onore alle reali tombe del Pantheon - alla presenza della principessa Elena d’Assia, sulla regina Elena, “Angelo della carità” che si prodigò straordinariamente per le vittime del terremoto del 1908, nata 150 anni fa, l’8 gennaio 1873. In tale occasione ci piace rammentare alcuni atti eroici della sovrana originaria del Montenegro. Nell’ultimo numero di “Famiglia Cristiana” la nipote Maria Gabriella di Savoia rammenta a L. Regolo come ella “vanga a mano, contribuì a salvare delle persone che erano rimaste sotto le macerie. Tra queste anche una bimba piccolissima, come ricorda il monumento che le hanno dedicato in piazza Seggiola a Messina, opera dello scultore Berti”. Un episodio poco conosciuto è riportato dalle fonti inglesi - tra cui il volume Angel in Blue Jackets -, che contengono le testimonianze dei marinai britannici impegnati nei soccorsi. Il pomeriggio del primo gennaio l’equipaggio inglese ricevette la visita del re Vittorio Emanuele III, che era giunto con la consorte, la regina Elena, a bordo della corazzata Vittorio Emanuele, e di altre navi, tra le quali il “Campania” trasformatasi in nave-ospedale. i racconta a tale proposito che un ammiraglio inglese, in visita sulla nave italiana, quando seppe della presenza della regina, dopo un inchino profondo fece l’atto di baciarle la mano, ma ella la tirò indietro dicendo: “No, No! È macchiata di sangue! Vi potrebbe essere pericolo di infezioni!”, suscitando nel marinaio inglese una forte commozione e ammirazione. Giorno 30, quasi contemporaneamente all’arrivo dei sovrani, giungeva da Malta nella città dello Stretto l’incrociatore britannico Hms Minerva, con a bordo cibo, coperte e medicine, insieme a sei medici e al vescovo anglicano di Gibilterra, Collins, invitato per assistere e seppellire i cittadini di nazionalità inglese. La nave portò a bordo tutti gli 86 feriti, i quali ricevettero la visita della regina Elena, “Angelo di carità” in riva allo Stretto. Il ministro della Marina Carlo Mirabello racconta come l’1 gennaio la regina, mentre stava curando alcuni feriti a bordo della nave “Regina Elena”, vide un matto che, in preda a una crisi isterica in seguito a una ondata che fece oscillare la nave, penetrare nell’infermeria gridando “È il finimondo! La terra si inabissa! Si salvi chi può!”. Una donna scossa da queste parole, si diresse verso l’uscita della nave gridando di volersi buttare in mare, salvandosi solo grazie al precipitoso gesto della regina che si pose davanti all’uscita, allargando le braccia e ricevendo un forte colpo al petto che le procurò delle perdite di sangue dalla bocca. Una ferita che le impedì di dormire. Chiunque si faceva trascinare dall’energia carismatica di Elena, tra cui anche dei galeotti fuggiti dalle carceri, come un milanese che si faceva chiamare Evasio Tamburini il quale, come scrive M. Dursi, si era improvvisato infermiere sulla “Regina Elena” aiutando la sovrana ad assistere i feriti. Lo spirito caritatevole imbevuto di grande fede la portò a confessare un’anziana morente che invocava un sacerdote, inginocchiandosi davanti alla donna e pregando con lei “Affida a me le tue pene, il Signore ti perdonerà”, invocò, chiedendo successivamente l’intercessione al padre spirituale per quel gesto che mostra l’intensa pietas spirituale della regina. Ecco ancora Elena di Montenegro - come rievoca Nino Davì - accompagnata dal maggiore Abatino che accorre, abbraccia, conforta e accarezza le bimbe piangenti dell’Infanzia abbandonata che vengono trasportate dalle macerie alla lontana stazione, o impegnata a comporre una bambola improvvisata con un cencio e un’arancia per una bambina piangente, che cercava disperatamente la sua bambola perduta sotto la sua casa. E ancora, non si può dimenticare quando - come racconta Regolo -, Elena si prodigò nel lavare e medicare i piedi di una giovane ferita, che si vergognava a farsi medicare i piedi dai medici in quanto maschi, ricevendo in cambio il bacio sulle mani. Un’altra volta, come testimoniò il ministro Orlando, si prestò a tenere sulle proprie spalle le gambe di una donna che si doveva operare, rimanendo oltre mezz’ora con le gambe sanguinanti addosso, superando quel peso con una tenacia impeccabile.