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Pippo Baudo: la Rai? La lottizzazione almeno era pluralista, oggi è un controllo assoluto

«La Rai è di tutti gli italiani, al di là di ogni conduzione o convinzione politica. È dei cittadini che pagano il canone e quindi deve essere plurale». Parola di Pippo Baudo, oltre sessant'anni di carriera alle spalle, citato ieri da Luciana Littizzetto, nel suo monologo di addio a Viale Mazzini, come simbolo della tv pubblica - al di là dei governi di turno - insieme con Mike Bongiorno, Enzo Biagi, Corrado, Raffaella Carrà. "Ho seguito l’ultima puntata di Che tempo che fa, mi è piaciuta moltissimo. Ho apprezzato la lettera della Littizzetto che condivido pienamente. Anche l’atteggiamento di Fabio Fazio è stato molto dolce, simpatico, invitante», dice Baudo all’ANSA.

"Un programma ricco di spunti, interviste, ospiti straordinari... è un peccato che un’esperienza simile finisca, ma se Fazio ha deciso di lasciare dopo 40 anni la Rai qualche motivo ci sarà", sottolinea il conduttore, che con i suoi show, tredici Festival di Sanremo e altrettante edizioni di Domenica in, ha attraversato la storia dell’Italia, ha visto scorrere l'avvicendarsi dei governi, ha sfiorato la crisi internazionale per lo sketch del trio Lopez-Marchesini-Solenghi sull'Ayatollah Khomeini a Fantastico nel 1986, ha lanciato Beppe Grillo di cui ricorda oggi la celebre battuta sull'allora premier Bettino Craxi, sempre a Fantastico, che gli costò la cacciata dalla Rai ("Se in Cina sotto tutti socialisti a chi rubano?"). «Con Grillo stavo sempre sul chi va là - racconta Superpippo, 87 anni il 7 giugno - perché mi accennava solo il tema di suoi interventi. Quando pronunciò quella battuta intervenni subito per dissociarmi. I comici, dissi, qualche volta 'smarronanò, vanno fuori del seminato».

Gli aneddoti sono tanti: «A Domenica in invitavo spesso gli scrittori e quella visibilità faceva aumentare le vendite. Un giorno il direttore di Rai1, Emanuele Milano, mi disse che gli editori volevano creare un comitato per gestire in qualche modo l’avvicendarsi degli ospiti: volevano delle quote, che avrebbero condizionato, in qualche modo politicizzato le nostre scalette. Mi rifiutai. Risultato? Continuammo a ospitare gli scrittori, come prima». Sospira Baudo parlando della Rai degli anni della lottizzazione: "Era una lottizzazione intelligente, dava spazio ai rappresentanti di ogni tendenza politica e quindi era una Rai plurale. Oggi invece c'è la tendenza a volerla controllare, regolare. Il servizio pubblico deve assicurare a tutti il diritto di parola, deve mettere sul tavolo tutte le carte, poi lo spettatore sceglie quelle che vuole. Non bisogna per forza piacere a tutti - aggiunge parlando anche delle dimissioni di Lucia Annunziata - ma è necessario che tutte le idee abbiano diritto di cittadinanza. Altrimenti si fa un’offesa al pubblico, perché si parte dal presupposto che la gente a casa non sia capace di formarsi una propria idea. La libertà di scegliere è fondamentale».

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