
E’ accusata di avere utilizzato "tecniche non lecite per farsi conoscere e per ricavare notorietà», di essere «responsabile di accaparramento di clientela» e le sue immagini sarebbero «semmai appropriate per un format di taglio erotico». Sono alcuni dei punti sollevati dal Consiglio distrettuale di disciplina dell’Ordine di Torino che lo scorso maggio ha sospeso per 15 mesi, contestandole il mancato rispetto del codice deontologico forense, l’avvocata influencer Alessandra Demichelis, 34 anni. Le osservazioni sono contenute nelle 50 pagine delle motivazioni in cui si parla della pagina Instagram "Dc Legal Show".
Vi erano stati pubblicati scatti e video glamour, e verrebbe mostrata, secondo i cinque giudici del collegio, la vita da avvocato ben lontana dai principi di serietà e sobrietà richiesti dall’Ordine e compromettendo in «modo rilevantissimo l'immagine della professione forense» e tenendo un "comportamento complessivo particolarmente sprezzante, gravissimamente irrispettoso delle istituzioni forensi». Dopo la sospensione Demichelis, che recentemente aveva partecipato al programma Sky "Pechino Express", dopo la sospensione, diventata ora esecutiva vista la pubblicazione delle motivazioni, aveva annunciato di voler dare battaglia, rivolgendosi al Consiglio nazionale e nel caso era «pronta ad arrivare fino in Cassazione».
Lgr, atto anti storico e ingiusto
«La sospensione dell’avvocato Alessandra Demichelis, decisa dal consiglio distrettuale di disciplina dell’Ordine forense di Torino, è un atto anti-storico, ridicolo e profondamente ingiusto». Ad affermarlo in una nota è Alexandro Maria Tirelli, presidente del partito "Libertà, giustizia, Repubblica", commentando i 15 mesi di sospensione inflitti all’avvocata influencer di Torino. «Siamo davanti a una decisione che rappresenta l’antitesi esatta del concetto di diritto - aggiunge Tirelli -. I consigli di disciplina e i codici deontologici sono un retaggio del Ventennio fascista che oggi non hanno più motivo di esistere. Il nostro partito si batterà, in tutte le sedi, per la loro soppressione». Per Tinelli «I professionisti non possono e non devono rispondere a loro colleghi di concetti assolutamente astratti e atipici come il decoro e la morale».
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