Sì, la morte l’ha trovata viva. E non l’ha spenta. Oggi il funerale di Michela Murgia sarà una festa
La morte l’ha trovata viva, vivissima. E il suo funerale – promesso – oggi sarà una festa. Quella che non c’era stata al suo matrimonio, poche settimane fa, atto dovuto per garantirsi diritti altrimenti ancora non scontati, nel nostro Paese. Quella che, in fondo, c’era sempre nella sua risata generosa, nel suo irrefrenabile spirito di condivisione. Ogni cosa può, deve essere condivisa, a partire dalla più intima e più pubblica di tutte, la parola. Ecco il lascito più vero e profondo di Michela Murgia, scrittrice e intellettuale morta a 51 anni nel giorno di San Lorenzo di una morte annunciata e attesa, ma non così presto. Siamo tutti eredi, siamo tutti convocati, come sempre è stato per la sua letteratura – la narrativa, la saggistica – che era anzitutto un atto di mobilitazione emotiva, politica, estetica, civile. Che raccontasse figure arcaiche della sua Sardegna o moderne odissee di diseredati d’ogni genere (migranti e precari, comunità Lgbtq e lavoratori sfruttati), che intervenisse nel dibattito pubblico a gamba tesa, ma mai con le armi del linguaggio d’odio – non confondiamo, per cortesia, animosità e passione con aggressività, non mescoliamo nettezza, franchezza anche cruda, e mancanza di rispetto per l’Altro, anche l’avversario – la sua missione esistenziale era identica: esserci, dire, partecipare, chiedere. E opporsi, sostenere, battersi. Il personale è politico, ricordate, lo dicevamo in un tempo passato, ma vale ancora, vale sempre: da quando si passeggiava nell’agorà a oggi, che si posta su Instagram. È politica, è condivisione, può essere bellezza persino il percorso dentro la malattia, quella che l’ha uccisa ma non piegata, non l’ha spinta a ritirarsi, a richiudersi in attesa, semmai a trasformare ogni attesa in spazio vivo, attivo, di attenzione sul presente, di occasione di pensiero e di lotta. Oggi, per la “divisiva” Michela Murgia si pronunciano in tanti, anche suoi avversari storici, riconoscendole rispetto, onorando la sua indiscutibile passione, il suo rigore senza mediazioni, lo stesso per cui poteva riuscire estrema, respingente, ma per cui risultava necessaria la sua voce impossibile da spegnere, da ignorare, da oscurare. Onoriamo Michela Murgia, la sua tempesta in fiore che la morte non ha spento, semplicemente come lei ci ha indicato col suo esempio: onorando la parola, il suo potere, e mettendola sempre al servizio di quella speciale bellezza che è rendere migliore il mondo, assieme.