Prosegue sull'inserto Noi Magazine di Gazzetta del Sud la rubrica che settimanalmente, in sinergia con il Garante per la Protezione dei Dati Personali, promuove l'uso responsabile del web: nell'ultimo numero è intervenuto l'avv. Guido Scorza, componente dell'Authority "Cronaca e calendario, nelle ultime settimane, ci hanno imposto una riflessione sul rapporto tra i più giovani e la violenza, quella di genere in particolare. I fatti di Palermo e Caivano prima, con giovani e giovanissimi, vittime e carnefici di stupri di gruppo rigorosamente ripresi con lo smartphone almeno con l’intenzione – talvolta attuata - di diffonderne online le immagini, per violentare una seconda volta le malcapitate. L’omicidio-femminicidio di Giulia Cecchettin, non più minorenne ma, comunque, ragazzina, per mano di un altro ragazzino per quanto anche lui non più minorenne, suo ex fidanzato. Quindi la giornata mondiale per i diritti dell’infanzia e l’adolescenza celebrata il 20 novembre con, tra le altre iniziative, la ricerca presentata da Telefono Azzurro e Doxa al CNEL, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro per sottolineare come mai il rapporto di dipendenza tra i più giovani e i social sia stato così stretto. E, infine, ma solo per fermarsi agli eventi che hanno segnato in maniera più evidente un calendario che sembra quasi averci voluto suggerire un percorso di riflessione sin qui battuto meno del necessario, lo scorso 25 novembre, la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, quest’anno sentita, nel nostro Paese, più che in passato proprio per le drammatiche emozioni rimaste attaccate alla nostra pelle e alle nostre menti, a seguito della notizia dell’omicidio di Giulia.
La vita online dei più giovani
Fatti, solo ed esclusivamente fatti, che si può scegliere di lasciarci scorrere addosso e lasciar cancellare dal tempo, oppure no. Se si opta per il no, conviene partire dai numeri. E allora eccone alcuni. Un primo numero ci è proposto, da ultimo, proprio dalla richiamata ricerca di Telefono Azzurro e Doxa appena presentata al CNEL: il 41% dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni dichiara di passare online tra due e tre ore al giorno, mentre il 17% passa online più di sei ore al giorno e, soprattutto, il 44% di loro, davanti all’idea di passare una settimana – e non l’eternità – senza i social si sentirebbe perso, ansioso o agitato, mentre solo il 10% libero e felice. La quasi totalità dei bambini intervistati – e questo è un altro dato che dovrebbe farci riflettere e richiamarci, da adulti, alle nostre responsabilità – non ha dubbi circa la circostanza che i social possano causare dipendenza. Lo pensano il 93% degli intervistati. Eppure, tanta consapevolezza non basta a far loro avere un atteggiamento più prudente nell’uso dei social essenzialmente per tre ragioni: sono un modo di rilassarsi, passare il tempo, combattere la noia e restare in contatto con amici e – per quanto assurdo possa sembrare – familiari.
I tre fronti d'allarme
Tra i tanti numeri utili a indicare la strada, ce ne sono poi altri tre che meritano una menzione particolare: il 34% dichiara di essersi imbattuto online in contenuti violenti, il 21% in contenuti sessualmente espliciti senza volerlo, il 17% è stato contattato da estranei adulti. La sintesi utile a proseguire il ragionamento è semplice: i più giovani passano online una parte significativa della loro giornata, dipendono, letteralmente e consapevolmente dai social e online si imbattono, in maniera frequente, in contenuti con i quali non sono attrezzati per confrontarsi. Ovviamente da qui a correre alla facile conclusione secondo la quale i social sarebbero responsabili di tanta violenza anche di genere, anche tra i più giovani, il passo è lungo e però non si può negare l’esistenza di una relazione forte almeno tanto quanto lo è stata, in passato tra modelli e subculture televisive dilaganti e violenza di genere e non solo. Anzi, probabilmente, lo è di più per ragioni diverse. Un paio, forse, più importanti delle altre. La prima: ieri il bombardamento televisivo era da uno a molti e, quindi, la sua efficacia era relativa, aveva più presa su alcuni e meno presa su altri mentre oggi, complice la profilazione, a ciascuno viene proposto un contenuto diverso nel modo, nel luogo e nel momento in cui verosimilmente farà più breccia nella testa del destinatario. La seconda: ieri da adulti potevamo provare a orientare la dieta mediatica dei più giovani, si spegneva la TV a una certa ora, si “vietavano” certi programmi, se ne suggerivano altri mentre oggi tutto è alla portata di tutti, sempre e ovunque e, quel che è peggio, sempre complice la profilazione, ogni propensione, inclinazione, desiderio o tentazioni persino se inespressi vengono utilizzati per costruire delle autentiche bolle mediatiche con la conseguenza che se si cede a certi contenuti un paio di volte, poi si rischia di vederli saturare la nostra bolla per sempre.
I dati personali ceduti e la "bolla mediatica"
La colpa è dei dati personali che tutti – ma i più giovani in maniera ancora più leggera – cediamo in cambio del diritto a usare servizi e piattaforme digitali che, poi, finiscono con l’essere registi esclusivi della nostra dieta mediatica quando nel bene e quando nel male. È una situazione ormai insostenibile che, da adulti, non possiamo tollerare o accettare con rassegnazione perché abbiamo un dovere nei confronti dei più giovani: dobbiamo garantire loro il diritto di non dover scegliere tra usare il digitale con le sue straordinarie opportunità o farne a meno sottraendosi al rischio che diventi ispiratore di condotte e modi di vivere capaci di distruggerli. Noi, ai più giovani, dobbiamo un digitale sicuro e sta a noi trovare la strada per garantirglielo. Guai a dirsi certi della soluzione ma, al tempo stesso, guai a dubitare che la si possa trovare senza passare per l’educazione all’uso dei media a scuola come in famiglia che rappresenta indiscutibilmente una condizione necessaria ma non sufficiente per sperare che il digitale possa guidare i più giovani verso un futuro migliore del nostro e dal quale la violenza tutta, a cominciare da quella di genere, sia quanto più lontana possibile".