Venerdì 29 Novembre 2024

Giornata internazionale della donna, una parità sfocata. Gap su lavoro, pensioni e previdenza

Aumentano le donne al lavoro, che superano quota 10 milioni, ma rompere il soffitto di cristallo, colmare il gap retributivo e conciliare vita familiare e professionale restano traguardi in molti casi ancora troppo lontani.

Una sfocata parità

Anche quest’anno la fotografia dell’8 marzo è quella di una sfocata parità. Per oltre sei donne su 10 (63%) l’attuale livello di parità di genere è insufficiente. Peggiore il giudizio sulla parità di retribuzione rispetto agli uomini: per il 71% delle donne non c'è. A dirlo sono loro stesse nel report FragilItalia, elaborato da Area studi Legacoop e Ipsos, in occasione della Giornata internazionale della donna. Una forbice ampia, che per i soli dipendenti nel settore privato in media è di 8mila euro in un anno, ma che naturalmente cresce al crescere dell’età e della carriera. Secondo gli ultimi dati disponibili del relativo Osservatorio Inps, nel 2022 il gender pay gap risulta infatti di 7.922 euro. La retribuzione media annua per gli uomini si attesta a 26.227 euro contro i 18.305 euro delle donne. Sono loro che più spesso fanno part-time, e non sempre per scelta. Ma è proprio sul fronte del lavoro che arriva un dato positivo: con oltre 10 milioni di occupate, a gennaio, l'occupazione femminile in Italia raggiunge livelli record, come segnala la Fondazione studi dei Consulenti del lavoro, sulla base dei recenti dati Istat. A trainare la crescita sono le fasce d’età più adulte, in particolare le 55-64enni, che registrano un incremento di 284mila occupate (+15,1%) tra il 2019 e il 2023. Altra protagonista di questo trend positivo è la componente giovanile: tra le 25-34enni, l’occupazione aumenta del 2,4%, mentre tra le under25 la crescita è del 6,6%. Una crescita che però ancora non basta per scalare la classifica europea. In Italia il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro è al di sotto della media Ue: se fosse pareggiato, il Paese avrebbe 2,3 milioni di occupate in più, quindi un aumento del Pil, ma anche un aumento demografico, sottolinea Confcommercio che con il Gruppo terziario donna quest’anno celebra l’8 marzo con lo slogan «Ogni impresa femminile è un passo avanti verso l’uguaglianza». Nel commercio le imprese guidate da donne incidono per il 24% sul totale del settore. La crescita delle imprese rosa nel complesso esce però da una battuta d’arresto: nel 2023 sono diminuite di 11mila unità, a quota 1 milione e 325mila, secondo i dati dell’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere, realizzato con il supporto di SiCamera e Centro studi Tagliacarne. Ma aumenta la propensione delle imprenditrici a far ricorso a modelli aziendali più strutturati: le società di capitale femminili sono aumentate dell’1,7% sempre nel 2023, arrivando a rappresentare il 26% del totale delle aziende guidate da donne. Tornando alle valutazioni espresse dalle donne nell’indagine Legacoop-Ipsos sul fronte del lavoro, oltre alla mancata parità di retribuzione, negativo è anche il giudizio sulla stabilità lavorativa (per il 62%) e, ancora, sulla sicurezza lavorativa (per il 59%) e sulla possibilità di fare carriera (per il 58%). Le differenze di genere si notano anche nella previdenza, con le pensioni "rosa" fortemente penalizzate. Le pensionate italiane percepiscono in media un assegno mensile di 1.416 euro, mentre gli uomini incassano 1.932 euro in media. E’ quanto emerge da una ricerca della Fabi ricavata dall’elaborazioni di dati Covip e Istat. Pur essendo numericamente superiori (8,3 milioni rispetto ai 7,8 milioni di uomini), alle donne sono spettati, dato di fine 2022, su 321 miliardi erogati complessivamente, 141 miliardi, mentre agli uomini 180 miliardi circa. Questa apparente incongruenza, rileva la Fabi, si spiega col fatto che le donne ricevono prevalentemente tipologie di pensioni caratterizzate da importi più bassi: nel 2022, solo il 20% delle donne ha beneficiato di pensioni anticipate, quelle in media più alte, a fronte del 50% degli uomini. Inoltre, anche all’interno della stessa tipologia di prestazione, si riscontrano ampie differenze legate al genere. Se si considerano i redditi medi derivanti dalle singole prestazioni, emerge dalla ricerca della Fabi, quelle riservate agli uomini superano mediamente quelle delle donne con picchi del 50% circa nelle pensioni di vecchiaia e invalidità. Non solo. A partire dal 2020, l’età media di pensionamento femminile ha superato quella maschile (nel 2022 una donna è andata in pensione a 64,7 anni in media, un uomo a 64,2 anni) e, nonostante negli anni si sia ridotto, persiste il divario di anzianità contributiva tra i due generi. La disparità di genere trova conferma anche nel credito bancario: agli uomini va quasi il doppio dei prestiti rispetto alle donne. E’ quanto emerge da una ricerca della Fabi sulla disparità di genere nei finanziamenti bancari. Lo stock dei finanziamenti alle famiglie concesso dagli istituti, nel 2023, ammontava a oltre 474 miliardi di euro: di questi 164 miliardi è stato erogato agli uomini, 95 miliardi alle donne e 216 miliardi si riferiscono a contratti di finanziamento cointestati. Complessivamente, secondo l’analisi della Fabi, il credit gender gap vale quasi 70 miliardi su scala nazionale: il credito concesso alle donne è pari al 20,1% del totale contro il 34,5% di quello degli uomini, mentre valgono il 45,5% i finanziamenti cointestati. La distanza tra le donne e il credito non divide però l’Italia in due: il divario risulta omogeneo, infatti, in tutte le aree geografiche del Paese. Le regioni peggiori sono Campania, Puglia, Veneto, Sicilia, Basilicata, Lombardia, Piemonte e Calabria, dove il credito concesso alla clientela femminile non supera la media nazionale di circa 20%. Le tre migliori, invece, sono Valle d’Aosta, Sardegna e Lazio dove i finanziamenti bancari per le donne arrivano rispettivamente al 25%, 23,2% e 22,9%. In Molise, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Trentino-Alto Adige, Abruzzo, Toscana e Liguria le quote rosa del credito vanno dal 20,8% al 22,4%. La mappa del credito bancario, prosegue la ricerca, mostra quanto l’accesso ai finanziamenti sia prevalentemente maschile. Le ragioni di questa disparità sono comuni: tasso di occupazione più basso, stipendi e pensioni ridotte.

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