Il documento di un gruppo di preti gay presentato al Sinodo: vogliamo stare a testa alta, pacificati e riconciliati
Torna di estrema attualità, in questi giorni caratterizzati dalle parole choc di papa Francesco contro i seminaristi gay, l’iniziativa di un gruppo di lavoro sinodale formato da sacerdoti con un orientamento omosessuale che inviò un proprio elaborato alla Conferenza episcopale italiana e alla Segreteria del Sinodo nella fase di preparazione dell’assemblea sulla sinodalità (la cui seconda sessione avrà luogo nel prossimo ottobre, magari con nuovi contributi sulla materia). «Crediamo che una visione più limpida sull'orientamento sessuale, scientificamente fondata e spiritualmente in ascolto delle chiamate di Dio, possa portare maggiore serenità alla Chiesa; essa permetterebbe a tutti i suoi presbiteri e religiosi di stare a testa alta con tutti ed essere più pacificati e riconciliati, sinceri, perché meno gravati da pregiudizi e più liberi - scrivevano i promotori -. Sarebbe un dono per tutti, omosessuali ed eterosessuali presenti nei presbiteri e nelle comunità religiose; sarebbero eliminate le falsità nei rapporti coi confratelli; crescerebbe per tutti la capacità di ascolto e la sensibilità». Il documento, intitolato 'Con tutto il cuorè, è il risultato della condivisione di una cinquantina di preti con orientamento omosessuale o bisessuale, che si sono incontrati tra febbraio e marzo 2022. Insieme ad altri testi è poi stato pubblicato in un fascicolo scaricabile dal sito Gionata.org, ed anche sulla rivista Il Regno. I partecipanti al gruppo sinodale sono convinti che «di grande aiuto potrebbe essere un documento ufficiale sul tema, frutto di un serio lavoro sinodale come questo». Invitati dalla rete degli operatori pastorali con persone Lgbt+, gli autori del documento hanno accettato di mettersi in gioco per raccontare il loro vissuto, le loro difficoltà e le loro speranze; nella convinzione - appunto, «con tutto il cuore" - che «la fedeltà del Signore alla loro vita e alla loro vocazione riempia di fecondità il loro ministero nella Chiesa». Insieme hanno avuto il coraggio di guardare oltre il timore del pettegolezzo, della derisione o, peggio ancora, del giudizio e dell’esclusione - nella consapevolezza d’essere minoranza mal tollerata - perché alla Chiesa in cammino sinodale non manchi la loro voce. Ha detto uno di loro: «Il fine di questa lettera non è recriminare un diritto, ma il forte desiderio che da domani ogni anima che si avvicina, che entra in Chiesa possa sentirsi accolta da Dio stesso, dalla sua Parola, dal suo essere Amore; che non ci siano più persone che vanno via, che lasciano un cammino spirituale per paura di non essere accettate, di essere rifiutate». Nel documento sono loro a parlare in prima persona, prima delle loro «solitudini, ferite, silenzi», e quindi del "sono della vocazione e del servizio».