Don Dino D’Aloia scrive al Papa: "Così si alimenta l'ipocrisia, sugli omosessuali un passo avanti e uno indietro"
Le parole di papa Francesco contro l’accesso di gay nei seminari suscitano reazioni nella stessa Chiesa italiana. A scrivergli una lettera aperta, è don Dino D’Aloia, direttore dell’ufficio di pastorale con le persone LGBT della diocesi di San Severo (Foggia) e parroco di San Giuseppe Artigiano. «Caro Papa Francesco - gli scrive il parroco da anni impegnato in un percorso pastorale di inclusività della comunità Lgbtq - tu sai quanto ti vogliamo e ti voglio bene. Tu sai quanto amiamo e amo la tua predilezione per i piccoli e gli indifesi. Permettimi però di dirti che proprio per questo certe volte non comprendo il tuo fare un passo avanti e uno indietro. Faccio riferimento alla frase molto infelice sulla «frociaggine» di tanti preti, frase che il Vaticano non ha smentito (e questo vuol dire che ha confermato) e ancor di più al rifiuto di accogliere in seminario chi ha «tendenze omosessuali molto radicate». Cosa significa questo? «"L' orientamento omosessuale - continua il sacerdote - non è una scelta ma una condizione che si scopre di avere, a volte con grande sofferenza. È ovvio che nel sacerdozio celibatario attualmente sostenuto dalla Chiesa così come per gli eterosessuali anche per gli omosessuali non c'è posto per rapporti fisici intimi ma non capisco perchè un omosessuale dovrebbe essere escluso dal seminario e dal sacerdozio solo perché senza sua scelta si ritrova a vivere la sua condizione affettiva. Questa direttiva - prosegue - è fortemente lesiva dell’aspirazione vocazionale che Dio mette nel cuore di alcuni omosessuali. Che poi in questo modo non si fa altro che invitare al nascondimento, alla finzione e all’ipocrisia. Non c'è altra strada per chi sa di essere gay e desidera la santità nel sacerdozio. Io stesso - conclude - conosco preti che vivono questa condizione non scelta e sono di grande esempio per me».