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Il Papa: indagare se a Gaza è in atto un genocidio. Nel tempo delle migrazioni stiamo diventando disumani

«A detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s'inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali». E’ quanto afferma papa Francesco nel suo nuovo libro «La speranza non delude mai. Pellegrini verso un mondo migliore», in uscita per il Giubileo 2025 e di cui il quotidiano La Stampa anticipa oggi alcuni brani. Il volume, a cura di Hernán Reyes Alcaide (Edizioni Piemme), uscirà martedì in Italia, Spagna e America Latina, e poi a seguire in vari altri Paesi.

Di fronte alla sfida delle migrazioni "nessun Paese può essere lasciato solo e nessuno può pensare di affrontare la questione isolatamente attraverso leggi più restrittive e repressive, talvolta approvate sotto la pressione della paura o in cerca di vantaggi elettorali. Al contrario, così come vediamo che c'è una globalizzazione dell’indifferenza, dobbiamo rispondere con la globalizzazione della carità e della cooperazione, affinché le condizioni degli emigranti siano umanizzate».

«Riaffermo qui che 'è assolutamente necessario affrontare nei Paesi d’origine le cause che provocano le migrazionì (Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2017). È necessario che i programmi attuati a questo scopo - scrive il Papa nel libro - garantiscano che, nelle aree colpite dall’instabilità e dalle ingiustizie più gravi, si dia spazio a uno sviluppo autentico che promuova il bene di tutte le popolazioni, in particolare dei bambini e delle bambine, speranza dell’umanità. Se vogliamo risolvere un problema che tocca tutti noi, dobbiamo farlo attraverso l'integrazione dei Paesi di origine, di transito, di destinazione e di ritorno dei migranti».

«Pensiamo agli esempi recenti che abbiamo visto in Europa. La ferita ancora aperta della guerra in Ucraina - scrive ancora il Pontefice - ha portato migliaia di persone ad abbandonare le proprie case, soprattutto durante i primi mesi del conflitto. Ma abbiamo anche assistito all’accoglienza senza restrizioni di molti Paesi di confine, come nel caso della Polonia. Qualcosa di simile è accaduto in Medio Oriente, dove le porte aperte di nazioni come la Giordania o il Libano continuano a essere la salvezza per milioni di persone in fuga dai conflitti della zona: penso soprattutto a chi lascia Gaza nel pieno della carestia che ha colpito i fratelli palestinesi a fronte della difficoltà di far arrivare cibo e aiuti nel loro territorio».

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