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Ricostruzione, lo Sport corre a passo di Jacobs

Bilanci dei club in ripresa e sistema di stampo “americano” con impianti polivalenti e competizioni visibili su ogni piattaforma. E poi c’è la tecnologia sempre più dominante al servizio dell’atleta

Marcel Jacobs. Ha portato l’Italia sul tetto dell’atletica

Qualsiasi disciplina, non ne è esente lo sport, risente e agisce su un piano di valori che, nella sua gerarchia, è nei secoli altalenante, a seconda del contesto sociale e della politica dominante ma che è rimasto fermo nella nostra carta costituzionale, rivitalizzato da una pandemia che dove non ha fatto morti ci ha messo in ginocchio. La salute prima di tutto, la vita. E lo sport, sia pure ammaccato come ogni settore, contribuisce, fa la giusta propaganda, attraverso messaggi di unione e non lesinando sanzioni “alla Djokovic”, facendo brillare atleti ucraini che lo sport hanno dovuto accantonare per vestirsi, loro malgrado, da soldati a difesa della patria in una guerra balorda.

C’è poi l’altra faccia, “the show must go on” di cui ci piace evidenziare l’aspetto di ricostruzione e... l’economia “sportiva” corre da sola e ha da sempre avuto una velocità, a tratti, disarmante. Anche di fronte alla guerra: si gioca al confine, il filo tra morte e speranza è sottilissimo e quel pallone che rimbalza seminando anche per poco gioia e spensieratezza distrae dal tonfo mortale delle bombe. Ed è così che nello sport si fa prima a parlare di futuro.

Che domani sarà per il movimento mondiale? L’economia dell’industria Sport è destinata a riprendere quota dopo due anni di curva calante. Titoli in picchiata e bilanci in rosso sono il risultato di due stagioni disastrose per le casse di ogni società sportiva, ma la ripartenza ha dato il via al processo di ripresa economica. Più potere ai club e ai protagonisti, più introiti con le riaperture totali degli impianti, più commercializzazione degli eventi anche grazie alle nuove tecnologie che veicolano lo show su qualsiasi dispositivo mobile. Una risorsa che ha spinto le grandi leghe (Nba, Nfl, Champions ma anche la nostra Serie A) ad alzare la cresta con le tv per i diritti della trasmissione, e i campioni a battere cassa con club e sponsor. Un’industria mai in crisi (in Italia rappresenta il 4% del Pil) e destinata ad aumentare i fatturati con l’ingresso delle nuove tecnologie.

E poi i nuovi impianti. C’è tutta un’americanizzazione sfrenata dietro il cambiamento radicale. Il tifoso diventa primattore con un maggior coinvolgimento nella vita della squadra del cuore. Non si va più allo stadio solo per l’evento. C’è tutto un contesto commerciale che ruota attorno a una partita. Oggi i grandi impianti sono veri e propri centri al servizio del tifoso-utente: si va in un grande stadio anche per fare acquisti, per pranzare al ristorante con vista... campo, per un giro al museo sportivo, per allenarsi in palestra, e per una visita medica nella struttura dove si curano i campioni: un “all in one” che negli States esiste già da qualche decennio e che ha permesso ai club di accrescere considerevolmente i propri introiti. Il cambiamento è arrivato anche in Europa e l’Italia, un po’ in ritardo, sta adeguandosi.

Il futuro dello sport è già iniziato. Anche sul piano fisico-prestazionale. L’asticella si alza e i progressi dei campioni camminano a braccetto con la tecnologia. C’è un’esasperazione più evidente nella caccia al progresso atletico. I record che cadono sono anche frutto di innovative tecniche di allenamento. Pensiamo al nostro Marcell Jacobs: è arrivato dal nulla, ha riscritto la storia dell’Atletica, si è preso l’oro olimpico sui 100 metri – noi, che dopo Mennea abbiamo visto vincere sempre gli altri! – e adesso punta a battere... Bolt. Nuovi strumenti di preparazione e programmi computerizzati sempre più all’avanguardia spingono l’atleta verso un futuro senza limiti. E per il futuro prossimo cosa dobbiamo aspettarci? Che la programmazione così accelerata nello sport possa contagiare la lentissima ripresa economica di questi tristissimi tempi. E colmare l’inaccettabile gap.

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