Il presidente del Genoa Enrico Preziosi non potrà accedere a luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche per 6 mesi. E' una delle pene accessorie messe in esecuzione dalla Procura Generale di Genova dopo che la Cassazione ha rigettato il ricorso contro la sentenza d'appello che aveva confermato 4 mesi (pena condonata) per frode sportiva. La vicenda riguarda il presunto accordo sull'esito di Genoa-Venezia, nel campionato di B 2004-2005 che costò la retrocessione in C1 del Genoa.
Per il patron del Genoa, inoltre, scatta, sempre per un periodo di sei mesi, "l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese". Le altre pene accessorie portate in esecuzione dalla Procura Generale di Genova, ora che la sentenza della Corte d'Appello è passata in giudicato, sono il divieto di accedere sia ai luoghi dove si tengono giochi d'azzardo autorizzati, sia a quelli dove si accettano scommesse autorizzate, sempre per sei mesi. Dopo che la Corte di Cassazione, il 17 maggio scorso, aveva rigettato il ricorso, la sentenza della Corte d'appello di Genova è diventata irrevocabile. I quattro mesi di reclusione e i 400 euro di multa che erano stati inflitti a Preziosi sono condonati, ma non le pene accessorie. Nella vicenda riguardante Genoa-Venezia del campionato 2004-2005 erano rimasti coinvolti, oltre al presidente, il figlio, Matteo Preziosi, l'allora dg del Genoa, Stefano Capozucca, e Francesco Dal Cin, presidente del Venezia all'epoca dei fatti. Tutti assolti per non aver commesso il fatto. Attraverso intercettazioni telefoniche gli inquirenti raccolsero elementi che gettavano ombre sulla partita Genoa-Venezia dell'11 giugno 2005. Secondo l'accusa vi sarebbero stati accordi perché il Genoa, che era in serie B, vincesse la gara. La partita, vinta dai rossoblù per 3-2, consentì alla squadra di ritornare in serie A. In seguito, però, la giustizia sportiva accertò l'illecito e condannò il Genoa alla retrocessione in serie C1. (ANSA)