Venerdì 15 Novembre 2024

Tennis, l'annuncio shock della Wozniacki: "Ho l'artrite reumatoide"

Caroline Wozniacki

Dall’Olimpo del tennis all’incubo di non poter più tenere una racchetta in mano. È il fulmine a ciel sereno che ha colpito, nel pieno della carriera, la danese Caroline Wozniacki a cui è stata diagnosticata una forma di artrite reumatoide prima degli US Open. La 28enne danese, n.3 al mondo, lo ha rivelato dopo la conclusione della sua stagione, la sconfitta con l’ucraina Elina Svitolina nel round robin alle Wta Finals di Singapore. «All’inizio è stato uno choc - ha ammesso in conferenza stampa la vincitrice dell’ultimo Australian Open - visto che ti senti come l’atleta più forte di tutte e all’ improvviso ti trovi a dover convivere con questo problema. Devi solo essere positiva e affrontarlo, e ci sono comunque modi in cui puoi stare meglio. Certo, è stato molto duro da sopportare. Sono però molto orgogliosa di come sono stata positiva, e non permettere a tutto ciò di ostacolarmi». Wozniacki ha rivelato d’aver cominciato a sentirsi affaticata dopo Wimbledon, quando una mattina si è svegliata a Montreal incapace di sollevare le braccia sopra la testa, dovendo poi ritirarsi nel suo match d’esordio a Cincinnati. Gli esami hanno portato alla diagnosi di artrite reumatoide, malattia autoimmune che causa gonfiore delle articolazioni e affaticamento. La danese ha poi aggiunto di aver assunto farmaci e ricevuto cure, dicendosi convinta che questa non avrà un impatto significativo sulla sua carriera. I suoi risultati in campo sono calati durante l’estate - ha perso al 2/o turno di cinque tornei di fila - ma 'Caro' ha poi conquistato il «China Open», terzo titolo stagionale qualificandosi per il Masters femminile, che aveva vinto nel 2017. «Vincere a Pechino è stato qualcosa di enorme, mi ha dato anche la convinzione che niente mi avrebbe permesso di tornare indietro, che posso convivere con questa situazione e posso fare qualsiasi cosa. Ci sono molte persone che stanno combattendo con questa malattia e spero di poter rappresentare per loro qualcuno a cui possono guardare e dire 'se può farlo lei, posso farlo anche io'. E in questo modo, insieme, sostenerci a vicenda».

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