L’addio al nuoto lo aveva già deciso da tempo, però il colpo di coda della giustizia sportiva rischia di macchiare una carriera lunga e gloriosa, impreziosita da due titoli mondiali nei 100 stile. Il Tribunale nazionale antidoping ha squalificato Filippo Magnini per quattro anni: uno stop dimezzato rispetto alla richiesta monstre della Procura, ma che l'ex capitano dell’Italnuoto, storico fidanzato di Federica Pellegrini, uomo copertina dentro e fuori dalla piscina, rifiuta con rabbia.
«Una sentenza già scritta» lo sfogo di Magnini, che viene sospeso fino al 5 novembre 2022 per «uso o tentato uso di sostanze dopanti» (articolo 2.2), nell’ambito del filone di inchiesta che ha coinvolto il medico nutrizionista Guido Porcellini, già condannato a 30 anni di inibizione dal Tna. Cadono invece le accuse relative agli articoli 2.8 e 2.9 relative al favoreggiamento e alla somministrazione o tentata somministrazione di sostanze dopanti. Come Magnini, anche l’ex compagno Michele Santucci è stato condannato a 4 anni di stop. A pesare, le sue passate frequentazioni appunto con Porcellini, figura centrale nell’inchiesta di Pesaro su un presunto traffico di sostanze dopanti.
«Chiunque può capire che io non posso aver convinto Michele a fare delle cose o imputato per favoreggiamento, ma tutto si è limitato al tentato uso: almeno non si può dire che Magnini e Santucci si sono dopati», lo sfogo di Magnini (22 minuti senza pausa a microfoni aperti). L’ex nuotatore due volte campione del mondo della gara regina e bronzo olimpico con la staffetta 4x200 parla di «accanimento», "processo alle intenzioni», prima ammette che «mi viene da ridere» ma poi si fa serio e si dice «incazzato nero" soprattutto perché «abbiamo esempi di atleti che hanno preso due mesi di squalifica anche se sono stati trovati positivi, due anni dopo positività e recidività. Noi abbiamo 200 controlli tutti a posto e 4 anni per un tentato uso mi sembra esagerato, ridicolo».
Ad accompagnarlo, gli avvocati Stincardini e Compagna, oltre alla attuale fidanzata, la showgirl Giorgia Palmas che lo riprende con lo smartphone mentre annuncia di volerci scrivere un libro, magari su cui dirà le sue verità. Perché ora si è limitato a lanciare accuse contro ignoti, preferendo tener per sé le cose più scottanti in vista dei sicuri ricorsi: «Ma esco da qui con grossi dubbi, probabilmente la giustizia sportiva non funziona, il sistema non va bene». Al netto degli interrogatori ("i miei sono stati perfetti…», ma poi aggiunge «ci sono stati interrogatori molto strani") e del processo andato in scena lo scorso 15 ottobre, a Magno non è andato giù il presunto «accanimento» del Procuratore antidoping Pierfilippo Laviani: «Si è alzato in piedi sbattendo i pugni sul tavolo e mi ha detto guardandomi negli occhi: Basta, questa adesso è una questione personale. Se fossi il Coni mi arrabbierei parecchio».
Poi il parallelo con Cristiano Ronaldo, e le accuse per il presunto stupro. «Ha detto che è un esempio nello sport. Anche io lo sono», precisa Magnini, riferendosi alla sua nota lotta al doping e al suo movimento 'I'm doping freè: «Forse può aver dato fastidio a qualcuno - insinua - o forse io posso essere stata una pedina per colpire qualcuno di più importante». «Forse è tutto uno schema - conclude - anche se mi domando il motivo. Non è un pregiudizio, ma una persecuzione. Per la legge italiana sono a posto, mentre per la legge sportiva non lo sono». La Federnuoto è con lui, «esprime fiducia negli organi preposti a prevenire, combattere e perseguire il doping», pur chiedendo «il massimo rispetto nei confronti degli atleti» e ricordando come Magnini sia stato «un esempio per tutto il movimento, nonché uomo simbolo dello sport italiano e della lotta al doping». E come una gara di 100 stile non è finita qui: Oggi siamo ai 50, alla virata, io vincevo le gare negli ultimi dieci metri».
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