Ancora cori razzisti e antisemiti nel calcio. Stavolta sono un piccolo gruppo di ultras della Lazio che dalla curva nord macchiano il sabato pomeriggio di Coppa Italia e il 4-1 dei biancocelesti di Simone Inzaghi sul Novara negli ottavi. «Giallorosso ebreo» e «questa Roma qua sembra l'Africa», i cori che al 29' del primo tempo si levano dal basso del settore più caldo della tifoseria biancoceleste. Ancora prima cori anche contro i carabinieri, tutto reso ancor più percettibile da un Olimpico oggi poco affollato, appena 13.000 spettatori. Percezione che invece dice di non aver avuto il portavoce del club biancoceleste, Arturo Diaconale, che in una dichiarazione spontanea a fine partita ha fatto notare: «Faccio parte di quel 98% di quei spettatori che i cori non li ha sentiti. Non metto in discussione né la buona fede né tantomeno l’udito di chi li ha ascoltati. Se ci sono stati la società condanna qualsiasi tipo di coro razzista e antisemita, ma bisogna anche valutare le dimensioni del fenomeno». Un fenomeno che purtroppo si ripete e che riguarda molti, se non tutti, gli stadi d’Italia. Parafrasando Ancelotti, se i cori razzisti non sono un problema del Napoli ma di tutta il Paese, quelli antisemiti non sono questione di una curva o di un’altro. E per quanto di pochi autori, vengono amplificati dal contesto: gli scontri di Milano, i cori contro Koulibaly a San Siro, e le polemiche che ne sono seguite. Nella Capitale, tanto per ricordare soltanto gli ultimi episodi, la settimana è stata inaugurata dagli scontri tra ultras biancocelesti e forze dell’ordine a Piazza della Libertà in occasione dei 119 anni della Lazio, ma poche ore prima erano stati rinvenuti anche degli adesivi romanisti in cui vi era scritto «Napoli, Lazio, Israele, stessi colori». «Credo - ha aggiunto Diaconale - ci sia una forma di psicosi che gonfia episodi e questioni marginali e minoritarie apparentemente inesistenti in questioni gigantesche. Ho letto i cori nello stadio, come se tutto lo stadio avesse fatto cori razzisti. Viviamo in un ambiente particolare in cui le notizie possono girare in tutto il mondo e danneggiare l’immagine della società». Ma intanto sull'episodio dell’Olimpico indaga la Digos, con l’acquisizione dei video per l’individuazione dei responsabili.