Alla vigilia del gran finale, nell’attesa dei duelli rusticani e delle imboscate in quota, con otto Gran premi della montagna dislocati nell’arco di un paio di giorni, fra il Trentino e il Veneto va in scena l’ultimo festival per velocisti.
Doveva e poteva essere un arrivo per il tedesco Pascal Ackermann, che è tornato in maglia ciclamino senza però vincere la 18/a tappa, da Valdaora (Bolzano) a Santa Maria di Sala: il 'panzer' dello sprint è arrivato solo a un passo dal terzo sigillo, vedendoselo sfuggire solo perché uno dei tre corridori protagonisti di una lunga fuga lo ha preceduto sul traguardo.
Il suo nome è Damiano Cima, ha 25 anni, è bresciano e, dopo avere provato a fare il calciatore, è salito su una bici, restandoci e diventando professionista. Non poteva esserci un finale più incerto in una tappa che, invece, avrebbe dovuto essere già scritta, con i treni dei velocisti reduci dai tormenti in quota a farla da padroni nei due chilometri di rettilineo finale.
Li prendono? Non li prendono? Nel ventaglio di ipotesi che caratterizza l’ultima parte della tappa, mentre Mirco Maestri, Cima appunto e il tedesco Nico Denz, vanno a tutta, collaborando con cambi sincronizzati, ci scappa la sorpresa. I tre erano partiti dopo una quarantina di chilometri, ma solo il bresciano - al secondo anno da professionista - ha raccolto i frutti di un lavoro massacrante.
Il gruppo comincia a volare con colpevole ritardo, riemerge negli ultimi metri, ma riesce a risucchiare solo Denz e Maestri, non Cima, che beffa Ackermann per una questione di centimetri. Un arrivo al cardiopalmo che lo obbliga a esultare solo dopo la linea del traguardo. Da elogiare, comunque, il lavoro dei tre, che ci hanno creduto fino alla fine e poco importa se il sogno di due protagonisti di giornata si sia infranto.
Cima è scattato ai -300 metri ed è riuscito a resistere alla rimonta del gruppo: Ackermann sembrava avercela fatta, ma ha chiuso al secondo posto davanti a Consonni, consolandosi 'solo' con la maglia ciclamino: chiuderà il 102/o Giro d’Italia con due vittorie di tappa e la classifica a punti. Non è poco. La classifica generale non ha subito variazioni e i big, assieme ai rispettivi luogotenenti, hanno lasciato che la tappa scorresse via velocemente fra Trentino Alto Adige e Veneto.
Del resto, tutti erano certi che sarebbe stata una faccenda da regolare fra i velocisti. Da domani ricomincerà il vero Giro d’Italia, con Richard Carapaz a difendere la maglia rosa, Vincenzo Nibali e Primoz Roglic a insidiargliela. Difficile ipotizzare, al netto di un crollo clamoroso, dove e come l'ecuadoriano possa perdere il primato; e questo anche alla luce della consistenza della 'sua' formazione, la Movistar, che, pur perdendo il campione del mondo Alejandro Valverde alla vigilia del Giro e riservando a Nairo Quintana la partecipazione al Tour de France (dove sarà capitano), può contare su uomini forti in salita.
Uno di questi, Mikel Landa, si trova a un passo dal podio di Verona e cercherà di conquistarlo, non prima però di avere obbedito agli ordini di scuderia. Gli chiederanno di 'scortare' Carapaz, ma Landa, che nella prossima stagione lascerà il team spagnolo, obbedirà? Può essere questa una chiave di lettura del possibile golpe nibaliano. Lo 'Squalò spera di godere fra due possibili litiganti e separati in casa, tenendo sempre d’occhio Primoz Roglic. Il resto fa parte dell’imponderabile, come solo il ciclismo.
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