Clamorosa sorpresa al Madison Square Garden di New York dove, nella notte italiana, Anthony Joshua, l'imbattuto campione mondiale dei massimi Wba, Ibf e Wbo, è stato sconfitto a sorpresa dal 29enne semisconosciuto Andy Ruiz per k.o.t alla settima ripresa. Un epilogo davvero inaspettato (il californiano di origini messicane era quotato 20-1 dai bookmakers) ma che nel corso del match è apparso quasi scontato visto che lo sfidante è riuscito a mettere al tappeto il campione britannico per ben quattro volte nel giro di sette round (due volte nel terzo round e altre due volte nel settimo, prima che l’arbitro Mike Griffin mettesse fine all’incontro). Una sconfitta, quella di Joshua, che a molti riporta alla memoria l’altrettanto clamorosa sconfitta subita da Mike Tyson quasi 30 anni fa (febbraio 1990) contro lo sconosciuto Buster Douglas che, di fatto, coincise con l’inizio della parabola calante di Iron Mike. A dare ancora più i contorni dello stupore al match nel tempio della boxe c'è anche da ricordare che l'iniziale avversario di Joshua sarebbe dovuto essere Jarrell Miller, il quale però non ha ottenuto la licenza dopo aver fallito i test antidoping. Da qui la scelta di dare l'opportunità di sfidare il campione britannico a Ruiz, scelto come avversario dopo settimane di trattative e che da stanotte è il nuovo campione del mondo. «It's amazing. è incredibile, sto ancora dandomi i pizzicotti per vedere se è vero», ha detto, con le lacrime agli occhi e vestito con la canottiera dei New York Knicks, il messicano Ruiz. Anthony Joshua, l’idolo planato dalla Gran Bretagna sul ring del Madison Square Garden, quello che sembra un bronzo di Riace e a Londra 2012 'scippò' l’oro dei supermassimi all’azzurro Roberto Cammarelle, avrebbe dovuto abbattere senza troppi problemi quel rivale da 122 chili che non dava l’impressione di prendersi troppo sul serio. Ruiz non aveva fatto in tempo a smaltire tutti i chili di troppo, lui che da bambino era entrato in palestra più per far contento papà Andy sr., che per reale convinzione. Il padre voleva, anzi pretendeva, che il figlio dimagrisse, e dopo le titubanze iniziali a Junior era piaciuto il ruolo di pugile, al punto da dire al genitore che «un giorno diventerò campione del mondo». E questo nonostante un senso dell’autoironia che anche adesso gli fa dire che «sono un ragazzo paffuto venuto dal nulla». Alto 1.88, da 135 chili è sceso fino ai 122, comunque troppo, ma quel pò di pancia e il grasso sulle braccia, frutto dell’amore mai rinnegato per il fast food, non gli hanno impedito di mettere al tappeto per quattro volte Joshua. E poi, nonostante tutto, proprio la velocità delle braccia, oltre alla potenza del jab, è stato il segreto che gli ha permesso di vincere e provocare la sorpresa.