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Tennis, il ritorno di Murray a Wimbledon: giocherà il torneo di doppio

Si può giocare a tennis, a Wimbledon, con un’anca di metallo? Andy Murray lo farà, almeno in doppio, nel torneo che inizierà il prossimo lunedì, con la speranza di giocare anche in singolare agli Us Open di fine agosto.

Rinfrancato dal successo di domenica al Queen's al fianco di Feliciano Lopez, l’eroe del tennis britannico che ha vinto Wimbledon e Us Open, è salito a numero 1 e ha firmato anche due ori olimpici e la coppa Davis, ha ripreso coraggio, a 32 anni, dopo la seconda operazione all’anca di fine gennaio a Londra effettuato dal chirurgo della casa reale, Sarah Muirhead-Allwood.

Non voleva farsela, l’ha accettata solo dopo aver tempestato di domande il collega americano Bob Bryan, l’ha sostenuta solo seguendo questa filosofia: «Non lo faccio per giocare a tennis ma per avere una vita normale. Odio sentirmi così. È doloroso e non mi fa sentir bene con me stesso».

«Di sicuro, non voglio più giocare a tennis con quest’anca, non voglio più soffrire anche solo per mettermi le scarpe e infilarmi i calzini». Subito dopo l’intervento del 29 gennaio, Andy ci ha riso su, col suo solito senso dell’umorismo molto british, postando su Twitter il risultato dell’intervento col «metodo Birmingham» con tanto di radiografia della nuova situazione.

In realtà, con le nuove tecniche avanzate della chirurgia in materia, si tratta di una protesi non totale, ma di una copertura metallica dell’osso, cioè della testa del femore - «la palla» - che viene risparmiato al massimo e rivestito nella parte articolare con due sottile protesi di metallo, una inserita nella cavità e l’altra nella testa del femore.

Cosicchè l’osso viene solo rimodellato e il risultato che si ottiene è molto naturale. E meno invasivo. La prognosi di questo tipo di interventi, più comune fra atleti di rugby e arti marziali, non è chiara. Professionisti di baseball, basket e hockey sono tornati alle gare dopo la sostituzione totale del femore, ma il tennis, soprattutto questo tennis tanto fisico che tanto sollecita le anche, usurandole, propone problematiche molto diverse.

«Io sono l’unico che gioca sul Tour con un’anca di metallo, e ci riesco solo in doppio, che è molto meno usurante del singolare», ha spiegato Bob Bryan. «Che succede a un singolarista che deve uccidersi di corse e di sforzi per quattro ore? Chi può garantire che questa giuntura ortopedica reggerà? A queste domande non posso avere una risposta certa per Andy», ha aggiunto.

C'è un altro problema tecnico: a parte l’installazione dell’impianto in sè, l’operazione prevede anche il taglio di alcuni muscoli intorno al femore e l’incisione dei piccoli, importantissimi, muscoli che controllano la rotazione del femore all’interno dell’articolazione dell’anca. Che, nel caso di un atleta, significa perdita di stabilità e di equilibrio pelvico.

Con il problema della rigenerazione della cartilagine ialina: la proteina ad alto collagene che tiene insieme il nostro corpo. Ma tutto questo è sparito dalla testa di Murray già dopo la prima volta che è tornato ad imbracciare la racchetta, palleggiando, il 29 marzo, nel paesino di Oxshott, e ha informato via Twitter i tifosi. Così come, due mesi dopo, ha postato un pò di servizio-volèe su Instagram.

Figurarsi dopo il successo del circuito Atp al Queen's: «Ho vinto con un’anca di metallo, è una cosa davvero mentale, di nervi», ha commentato felice, 157 giorni dopo l’operazione, cancellando le lacrime con le quali aveva chiuso l’esperienza agli Australian Open e la sconfitta contro Bautista Agut con la quale temeva di aver chiuso anche la carriera.

Con 45 titoli di singolare, l’ultimo a Dubai nel febbraio 2017. Anche se formalmente è cauto, chi lo conosce bene sa che Murray è eccitatissimo dalla nuova sfida: «Se le cose non andranno bene in singolare, considererò una carriera solo da doppista, vediamo che succede dopo Wimbledon. Potrei continuare ad allenarmi e poi magari provare a giocare in singolare a New York, oppure prendermi un lungo break per preparami al meglio. Comunque vada, la cosa più importante è che non ho dolori».

«Temevo - ha detto Murray - che, sotto sforzo, l’anca mi facesse male e invece non ho sentito niente di strano e di brutto». A questo puynto un pensiero è inevitabile: povera (eterna) Next Gen già bistrattata dai vari Federer, Nadal e Djokovic, se torna sul serio anche Murray gli spazi si ridurranno ancora di più e il cambio generazionale sarà rimandato a data da definirsi. Magari con una Next Next Gen.

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